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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
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La superbia è tanto superba da pensare e voler che si pensi che la superbia non è mica un vizio per tutti: solo gli eccellenti che possono fare concorrenza a dio possono porsi il problema di essere di superbi e di fare in modo che perlomeno non si noti tanto, per non rendere infelici più di quanto se lo meritino gli umili, quei poveracci. La Bazzicalupo per la sua passeggiata nel territorio della superbia si sceglie l’interlocutore per antonomasia: l’Ulrich di Musil, che in queste pagine però perde molto mordente. Una scelta superba, dunque, quella della Bazzicalupo, dal risultato conseguentemente deludente.
Nella collana che Il Mulino dedica ai 7 vizi capitali, il volume riservato all'invidia è affidato alla sapiente competenza letteraria e filosofica di Elena Pulcini. Già il primo capitolo, destinato alla definizione etimologica e culturale dell'invidia ("Passione triste", dal latino in-videre, guardare storto), si apre con un'acuta distinzione tra invidia, gelosia e risentimento, attraverso una colta disamina dei vari apporti alla comprensione di questo sentimento. Elena Pulcini spazia infatti da Esopo a S. Tommaso, da Scheler a Nietzsche, da Lacan a René Girard, senza dimenticare le arti figurative e il cinema, e con riferimenti alla cronaca più recente (da Erba a Avetrana). Nei capitoli successivi, l'excursus dell'autrice prende l'avvio dai greci: pressoché ignorata da Omero (che privilegia la descrizione dell'ira), è invece narrata efficacemente a partire dai tragici (che arrivano ad attribuirla persino agli dei) e ai politici, che ne danno addirittura una concretizzazione sociale nell'istituzione dell'ostracismo. Ben nota alle pagine delle Scritture (da Lucifero a Caino, da Giacobbe a Giuseppe, per finire con lo stesso Gesù, vittima consegnata alla croce proprio per invidia), ritorna prepotentemente in scena durante il Medioevo. E' infatti Gregorio Magno che la cataloga al secondo posto tra i vizi capitali, e Dante nel Purgatorio condanna gli invidiosi ad avere gli occhi cuciti col fil di ferro. Se si invidia soprattutto quando ci si confronta, in un ambito a cui si tiene molto, con qualcuno che ci è pari, realisticamente commensurabile con noi (e mai con chi ci è troppo superiore), si pecca proprio "con la malignità dello sguardo, in quell'evil eye che si posa obliquamente sull'invidiato". E allora risulta particolarmente pungente, nella galleria iconografica offerta dal volume, la foto di una Sofia Loren che occhieggia invidiosa la scollatura di Jayne Mansfield.. Un libro illuminante,che arriva a indagare questo universale "tarlo dell'anima" fino alla cultura moderna e postmoderna.
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