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Meritocrazia. 4 proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto - Roger Abravanel - copertina
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Meritocrazia. 4 proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto
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"Il merito? Ah, ma in Italia non esiste!" Lo sappiamo tutti, il nostro è il paese delle raccomandazioni, delle clientele, delle famiglie, delle caste, delle corporazioni, delle oligarchie, delle mafie. Un solo dato: l'Italia è la società più ineguale dell'Occidente. Ha grandissime disuguaglianze tra ricchi e poveri (come gli USA) e al tempo stesso è uno dei paesi con la minore mobilità sociale: i poveri da noi restano poveri per sempre e in maniera ineluttabile. Questo sistema sta provocando danni gravissimi al paese, che perde ogni giorno posizioni in uno scenario globalizzato sempre più competitivo: da almeno 15 anni in Italia la ricchezza aumenta meno che negli altri paesi sviluppati. Ma come possiamo rimettere in moto una società così statica? Come sfidare una casta politica ancora legata agli schemi di un'economia industriale, quando siamo ormai diventati da tempo un'economia di servizi? La soluzione ci arriva da realtà più dinamiche ed efficienti della nostra, a partire da USA e Inghilterra.
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Dettagli

2008
15 maggio 2008
377 p., Rilegato
9788811740803

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massimiliano
Recensioni: 3/5

Pedante, saccente, prolisso, ripetitivo, pieno di slogan. Le sue ricette sono anche ragionevoli. Ma certo se l’intenzione era quella di convincere gli italiani ad adottarle, questo non mi sembra il modo giusto. Semmai fa l’effetto contrario. Lo stile americano tutto slogan e pacche sulle spalle ho paura che in Italia sia poco efficace. Forse ora, dopo aver identificato qualche soluzione (non geniale, ma ragionevole) ci vorrebbe un altro libro (possibilmente molto più breve) per capire come trovare il modo per realizzarle. La politica non è trovare le soluzioni, ma costruire i percorsi. Comunque non è del tutto da buttare..

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michele68
Recensioni: 5/5

Dopo alcuni libri sulle caste: politica, sindacato, giornalisti; ho letto il libro “Meritocrazia. Quattro proposte concrete per…” di R.Abravanel e mi sono detto: ma allora non esistono solo gli “orchi” in Italia! È stata una lettura impegnativa, ma chiara, ricca di contenuti, considerazioni e, soprattutto, proposte. Segnalo la riflessione riguardo al fenomeno italiano del “familismo”, che si replica anche fuori dalle mura domestiche, analizzato dalle sue origini fino alla constatazione delle conseguenze in cui trovo riprova ulteriore dei cambiamenti “gattopardeschi” (basta che tutto resti com’è) che avvengono nel nostro paese. Personalmente, tra le varie cose, mi ha fatto cambiare il punto di vista con cui consideravo l’ex premier inglese T.Blair e la sua politica di governo: fermi restando alcuni macroscopici errori come la partecipazione alla guerra in Iraq, ho preso conoscenza in modo più dettagliato dei passi in avanti fatti dal Regno Unito grazie ad alcune iniziative del suo governo. Un bel libro, coraggioso (considerato chi è l’autore e la sua esperienza, ne ha ben d’onde!), scritto da una persona competente con idee molto chiare, che meriterebbe una estesa divulgazione: io tenterò di fare la mia parte! Infine, permettemi un consiglio: provate a leggere anche “Il fattore D” di M.Ferrera, sarebbe come il parmigiano sulle tagliatelle!

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Recensioni

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Voce della critica

Questo di Roger Abravanel (Tripoli 1946) è un buon libro: informato, ben argomentato e soprattutto, sinceramente ottimista. L'autore è convinto che il "circolo vizioso del demerito" che affligge quasi tutti i settori del sistema italiano (l'economia, l'amministrazione pubblica, l'istruzione, la sanità) si possa spezzare a patto di vincere il "mal di merito", la paura nei confronti del principio meritocratico secondo cui "i migliori vanno avanti in base alle loro capacità e ai loro sforzi, indipendentemente da ceto, famiglia di origine e sesso". "Semi di eccellenza", esempi virtuosi di meritocrazia applicata, del resto, ci sono anche in Italia (la Normale di Pisa, i "Ciampi e Draghi Boys" del ministero dell'Economia, il Tribunale di Torino…), ma si tratta purtroppo di eccezioni allo stato generale delle cose: l'etica e la politica italiane, intrise di familismo morale (e amorale) e di particolarismo, "orientate a indulgere con chi sbaglia e a condannare le diseguaglianze" hanno condotto alla deresponsabilizzazione del singolo, a un welfare state che aiuta i "finti poveri", a un'economia che non riesce a essere competitiva, all'immobilità sociale, a un sistema di istruzione in difficoltà.
Abravanel però crede di conoscere la terapia. Per il sistema dell'istruzione l'autore immagina e auspica un cambiamento epocale, a partire da un profondo ripensamento della missione della pubblica istruzione: da "istruire tutti allo stesso modo" a "educare secondo il potenziale di ciascuno". Questo cambiamento di prospettiva è indispensabile per realizzare, nel tempo, due grandi obiettivi: ridurre drasticamente le differenze di qualità nella scuola primaria e secondaria tra Nord e Centro-Sud (evidenziata in modo palese dai risultati del test pisa) e creare poche università eccellenti a livello nazionale, dedite a didattica e a ricerca, rifocalizzando la missione della maggioranza delle settanta università italiane sulla sola didattica mirante a "produrre" laureati per il mondo del lavoro.
La strategia di fondo è comune a entrambi gli obiettivi: valutare, rendere pubblici i risultati, introdurre concorrenza, selezionare e premiare tutti gli attori coinvolti (studenti, docenti, istituzioni) unicamente in base al merito. La chiave di volta della riforma sarebbe l'introduzione di un "test di eccellenza nazionale standard" alla fine della scuola secondaria: un test modellato sul sat statunitense, la cui somministrazione dovrebbe essere controllata da un'agenzia specializzata e i cui risultati dovrebbero non solo informare sulla qualità della scuola, ma anche selezionare gli studenti idonei a iscriversi all'università.
In merito a quest'ultima proposta, si potrebbe obiettare, come fa anche Francesco Giavazzi nella prefazione al libro valutando la realizzabilità di entrambi gli obiettivi, che basterebbe reintrodurre i commissari esterni nel nostro tradizionale esame di maturità. In questo caso, credo, non si tratterebbe della pessima logica dei tentativi forth and back senza programma, delle correzioni contraddittorie e di vita breve, proprio quella logica che ha sempre impedito il passo alle grandi riforme del nostro sistema dell'istruzione: si recupererebbe invece quel pizzico di meritocrazia che c'era un tempo in quella prova d'esame, che ha ancora il pregio (assente nel sat) di valutare anche la "cultura" di uno studente, oltre che le sue capacità di ragionamento e problem solving.
Fiammetta Corradi

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La recensione di IBS

La carenza di merito nella società italiana sta diventando un tema sempre più urgente, ripreso ogni giorno da stampa, studiosi e comuni cittadini. Mancano però le soluzioni a questo "mal di merito", il pessimismo prevale sull'ottimismo e la disillusione aumenta. Questo libro di Roger Abravanel, ingegnere e consulente aziendale di varie multinazionali, vuole invertire questa tendenza, e avanza quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro Paese più ricco e più giusto. Il libro analizza la pervasività della mancanza di meritocrazia nell'economia italiana e l'incapacità di produrre leader eccellenti sia nel settore pubblico, sia in quello privato. Questi due fattori generano il declino del Paese, i bassi salari e il conseguente calo del potere d'acquisto dei cittadini. Se, da un lato, la mancanza di concorrenza ha fatto sì che il nostro Mezzogiorno accumulasse uno spaventoso ritardo malgrado decenni di investimenti, dall'altro, il "circolo vizioso del demerito" basato su raccomandazioni, fedeltà amicali e familiari, ha condotto a una società basata sulla cooptazione anziché sulle competenze. Abravanel propone una trasformazione culturale per l'Italia che abbracci l'ideologia del merito di stampo anglosassone e nordeuropeo: "meritocrazia – scrive - significa che i migliori vanno avanti in base alle loro capacità e ai loro sforzi, indipendentemente da ceto e famiglia di origine e sesso". Ciò da noi non avviene, anche perché mancano la piena responsabilizzazione degli individui e le pari opportunità orientate ad una vera mobilità sociale. Una mancanza che ha finito per rendere la nostra società "la più diseguale e ingiusta del mondo occidentale", perché chi nasce povero in Italia - come sottolinea Francesco Giavazzi nella prefazione - ha maggiori probabilità che altrove di rimanere povero; e i figli troppo spesso possono al più seguire il sentiero tracciato dai padri, senza riuscire ad accrescere la loro posizione nelle gerarchie sociali.
Abravanel propone quattro soluzioni concrete e coraggiose a questa situazione. La prima prevede di lanciare una delivery unit ("unità di consegna") del tipo di quella realizzata da Tony Blair per migliorare la qualità e ridurre gli sprechi nel settore pubblico inglese, consegnando risultati, e non solo promesse ai cittadini. La seconda prevede una grande iniziativa di testing nazionale, sul genere dello Scholastic aptitude test americano, perché permetterà ai migliori 10.000 studenti italiani di crearsi la propria università di eccellenza. La terza proposta prevede la creazione di un'Autorità per sbloccare l'economia, accelerare la (de)regolamentazione e controllarne l'attuazione nei servizi locali pubblici e privati (commercio, trasporti, utilities locali, professioni). Infine l'autore propone una serie di "azioni positive" per sfruttare la leadership femminile in Italia, del tipo della normativa norvegese che impone un aumento della presenza di donne nei consigli di amministrazione delle imprese quotate. Questo insieme di provvedimenti, se adottato e seguito nella sua realizzazione, avvierebbe per la società italiana stremata dall'inefficienza, uno shock positivo del quale ha urgente bisogno.

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Conosci l'autore

Roger Abravanel

1946, Tripoli

Roger Abravanel nasce in Libia da una famiglia ebraica che emigra in Italia negli anni Sessanta. Si laurea in ingegneria chimica al Politecnico di Milano, vincendo il premio di "più giovane ingegnere d'Italia", dopodiché lavora come ricercatore all’Istituto di Fisica Tecnica del Politecnico. Dal 1972 diventa consulente presso la McKinsey&Co, leader mondiale nella consulenza. Da qui inizia una grande esperienza internazionale presso gli uffici di Parigi, Tokyo, Città del Messico e, infine, direttore dell’ufficio italiano con sede a Milano. Dopo aver lasciato l’azienda per limiti d’età, nel 2006 entra nel consiglio di amministrazione di prestigiose società italiane ed israeliane. Nel 2008 inizia l’attività...

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