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Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi vede me vede il Padre» - Ernst Bloch - copertina
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Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi vede me vede il Padre»
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Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi vede me vede il Padre» - Ernst Bloch - copertina

Descrizione


Una tesi radicale: "Il miglior cristiano è l'ateo". Una riflessione sull'importanza della religione che contiene in sé i desideri più profondi degli uomini. "Ateismo nel cristianesimo", una delle opere maggiori di Bloch, originariamente apparsa nel 1968, riunisce tutti i motivi (eretici, mistici, hassidici, apocalittici) sparsi nella sua produzione filosofica e li proietta sul fronte di una rivoluzione che realizzi l'"utopia concreta" e attraverso cui l'uomo ritrovi la "patria che a tutti brilla nell'infanzia e in cui nessuno ancora fu".
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Dettagli

2008
Tascabile
26 maggio 2008
368 p., Brossura
9788807818509

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rein
Recensioni: 5/5
Ottimo libro per la VITA

Contrariamente allo spirito nazionalista che sta aleggiando in Europa, sedimentato negli anni, dai milioni di commenti di risentiti "autospacciantesi intellettuali" per il semplice fatto che lasciano un commento sul web e poi vanno al bar, e contrariamente all'astio anticomunista che aleggia sul web fin dalla sua nascita, tale che è preferibile un miliardo di pagine elettroniche piene zeppe di parole difficili e citazioni erudite, piuttosto che un sano pensiero che sia per la VITA, l'opera di Bloch è una grande opera teologica, vicina alla gente comune, che il web, i nazifascisti con i loro domatori liberali, sta cercando di nazionalizzare in nome di una guerra che verrà. Una delle ultime opere filosofiche, e lo dimostra proprio l'astio con il quale gli "specialisti" si accaniscono contro concetti come "libertà", "democrazia", "uguaglianza", "giustizia", o se preferite contro un'immagine di un Dio vicino agli ultimi. Bloch è un grande filosofo, ha l'anima del filosofo, questi epifenomeni che imperversano sul web scompariranno, i libri di Bloch rimarranno ancora.

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Mauro Lanari
Recensioni: 2/5

Constatando che la sua filosofia atea interessava soprattutto i teologi, Bloch citò Socrate: "Costui mi ha lodato. Che cosa mai avrò detto di sbagliato?" In effetti i suoi errori sono tanti e tali da suscitare imbarazzo. Sul riciclaggio della speranza si veda "Experimentum Mundi". Sul recupero dell'esodo biblico come liberazione si veda Walzer ("Esodo e rivoluzione"). Sull'uso di Giovanni 14, 9 e Apocalisse 21, 23 per sostenere la bontà dell'identificazione ("omousia") tra figli e padri e del collasso fra identità maschile e femminile, sembra di leggere un doppione del puer-senex hillmaniano. Circa quest'ultimo abbaglio: ogni testo introduttivo di biblistica ammette che il libro della Genesi sia la sintesi, pessima, di due o più fonti redazionali, la Sacerdotale e/o Elohista e la Jahvista. Il racconto secondo la prima fonte andrebbe da 1, 1 a 2, 4a, mentre il racconto secondo l'altra fonte proseguirebbe da 2, 4b a 2, 25. Finora il versetto 2, 24: "L'uomo [...] si unirà a sua moglie e saranno una stessa carne" è stato sempre interpretato in base a "Siate fecondi e moltiplicatevi", che però ricorre in 1, 22.28. Dunque il matrimonialismo e il familiarismo sono un'esegesi della redazione Jahvista nella prospettiva Sacerdotale e/o Elohista. Cercando invece un minimo di maggiore coerenza col tentare di comprendere il secondo racconto per conto proprio, spunta fuori qualcosa d'imprevisto: non si sa cosa significhi e possa indicare quella "stessa carne" come unione dell'uomo e di sua moglie. Basta un'infarinatura d'emergentismo, sopravvenienza e superadditività per riconoscere che il tutto è diverso dalla somma delle singole parti. Se da Adam nascono Adamo ed Eva, eppure si è sempre inferito che allora Adam, prima della scissione, dovesse essere ermafrodita, Rebis, androgino, ginandrico, bisessuale. Ma quest'idea delle due metà la cui mèta è il ricongiungimento ("syn-bolon") matrimoniale/sizigiale è un'influenza della filosofia greca, quella del "Simposio" platonico, e non ha nulla a che spartire col mitologema ebraico.

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