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Davvero bello questo poker di racconti brevi. Non saranno dei capolavori ma sono senz'altro godibili, tutti scritti bene e con un bel ritmo narrativo. Io, sinceramente, promuovo in pieno questa raccolta.
Quattro storie coinvolgenti scritte da quattro bravi autori. Credo sia inutile dilungarmi su quale per me sia stata la migliore o stilare una "classifica". Di tre autori su quattro non avevo ancora letto nulla e di uno dei tre sto provvedendo a procurarmi un paio di libri. Se di operazione commerciale si tratta, come ha scritto chi mi ha preceduto nella recensione, allora ha colpito nel segno, almeno con me. In conclusione direi: un buon libro. Una mini compilation, come quelle dei vinili di qualche anno fà, dove troviamo band già affermate e gruppi che, nostro malgrado, non conoscevamo. Un modo per approfondire visto il valore delle proposte!!!
Una delusione. Libro acquistato con entusiasmo, visti i nomi degli autori, e finito con grande difficoltà.Francamente indefinibile il racconto di De Cataldo, piatto quello di De Giovanni, tutt'altra cosa rispetto a quello a cui ci aveva abituati.Fa pensare ad un'operazione commerciale fine a se' stessa, qualcosa di molto diverso, per dire, rispetto alle analoghe raccolte pubblicate dalla Sellerio nelle quali non solo ritrovi gli autori che ami, ma ne scopri altri, che poi ti vien voglia di leggere fino a totale esaurimento del catalogo (v. Ben Pastor, dei cui libri sono andata a caccia ovunque)
Recensioni
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Fruttero e Lucentini ci hanno insegnato che esistono raccolte antologiche di vari autori in grado di narrare una storia comune. Ci hanno fatto scoprire come una selezione ragionata di testi possa creare un puzzle e alla fine mostrare il disegno totale generato attorno a un tema, a una forma narrativa a un genere letterario. Talvolta all'insaputa degli autori stessi, inconsapevoli di far parte di un disegno comune e ampio.
Certo, non ci aspettiamo che ogni antologia riproponga questo modello (in qualche modo l'evoluzione della forma classica di uso scolastico), ma il confronto viene spontaneo. Affrontiamo quindi i quattro racconti di questa nuova antologia, scritta da altrettanti giallisti italiani "laureati" e indubbiamente di grande successo, con grande curiosità. Quali elementi avranno in comune? Rappresentano un filone narrativo contemporaneo incuneabile nella più ampia visione del noir mediterraneo?
Certo, molto mediterraneo è il racconto di De Cataldo (Medusa) con la professoressa Blasi tra i protagonisti, ambientato nel Salento dove la sregolatezza è una qualità e la criminalità organizzata una certezza.
Decisamente italiana (e in qualche modo persino più drammatica) anche la narrazione di De Giovanni (Febbre) che descrive una società in cui "tutti giocano, e alla lunga nessuno vince. Tutti sperano e tutti muoiono disperati". Indagine davvero difficile per il commissario Ricciardi.
E non è meno connotato il racconto di De Silva (Patrocinio gratuito, che vede protagonista l’amato avvocato Malinconico) ricco di riferimenti musicali: una vera full immersion nella canzone italiana con amarcord molto personali dell'autore.
Chiude poi l'antologia un piccolo capolavoro di Lucarelli (A Girl Like You) dove una Grazia Negro incinta madre mediterranea suo malgrado, lei che vuol essere donna forte, determinata e fredda, è alle prese con un'indagine che la coinvolge proprio prima di andare in maternità (in attesa di due gemelli).
La mancanza di un apparato critico diventa peccato veniale di fronte al divertimento della lettura di queste storie, diverse ma accomunate da quel talento tutto italiano nel fare diventare gioco anche quel che sarebbe dramma austero altrove. È davvero questo il legame, ricordato nel titolo: il gioco (e sarebbe interessante sapere se il risultato è frutto di un lavoro su commissione). Non solo perché tutte le storie parlano degli aspetti terribili del gioco che porta sempre con sé drammi e tragedie ("fargliela pagare a tutti - si legge in un passaggio del dramma narrato da Lucarelli - dai gestori della sala, al sindaco che l'aveva autorizzata, all'assessore che l'aveva favorita, ai Malapoti che gestivano le macchinette e poi all'onorevole Fitteri, lobbista del gioco d'azzardo") ma perché descrivono un Paese in cui la speranza è legata per lo più a una illusoria fortuna e in cui la crisi impedisce di rimpiazzare quei pochi risparmi volati via in un attimo davanti a un videopoker.
Il gioco, dunque, come metafora di una nazione abbandonata a se stessa, in balia della criminalità, che sbaglia obiettivi annaspando nella tempesta.
Il gioco come elemento comune fra ceti sociali e aree geografiche, come collante per la delinquenza organizzata e come strumento per rimpinguare le casse dello Stato. Che tristezza... per fortuna ci sono gli scrittori che raccontano la realtà, ma al contempo offrono qualche momento d'evasione.
A cura di Wuz.it
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