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Un'opera davvero notevole, in uno stile apparentemente semplice, in grado di mescolare i tratti paesaggistici, psicologici, interiori, esistenziali, di critica sociale e politica, il tutto mescolato in uno sguardo antropologico teso a un profondo amore verso l'umanità, in particolare quella contadina della Lucania, rappresentativa della questione meridionale, terra su cui Cristo non è giunto e Roma con la sua civiltà e il suo stato non è riuscita a irretire. Luogo senza tempo, senza storia, intessuto di disperazione, magia e rituali pagani, dove i rapporti tra i contadini sono dettati dal ritmo di una natura ascosa e abissale; la Lucania diventa così motivo di riflessione contro il Fascismo e lo Stato in generale, per il suo astrattismo, incapace di farsi Volto, di uscire dalle logiche impersonali. Un monito che se valeva per l'Italia di allora, uscita dalla guerra, ancor più lo è oggi a livello globale, in cui la sofferenza inferta ai migranti dalle guerre è inoltre contrattaccata dall'indifferenza altrettanto violenta di una civiltà occidentale parca dei suoi miti ipocriti di progresso e democrazia, chiusa in se stessa e nella sua opulenza per pochi e governando i molti con la paura dello straniero. Un'operazione poi quella di Levi capace di combattere l'irrazionalismo fascista non soltanto con una critica, solo a tratti, laica e illuminista, che comunque sarebbe rimasta in superficie; ma con una riflessione sul valore delle tradizioni rurali minoritarie, che hanno un linguaggio tutto proprio, tradizioni locali esili e soffocate, che bisogna comprendere nel loro interno, a costo di mettere in crisi e rinnovare le proprie certezze, se si vuole che siano salvate e riscattate dalla miseria e dai totalitarismi vecchi e nuovi. Opera dolce e struggente, da leggere e rileggere, vivamente consigliata, in una edizione insuperabile, introdotta da due preziosi saggi di Calvino e Sartre, con commenti finali di critici letterari.
Uno dei libri più belli che abbia mai letto...l'immagine dei bambini malarici che rincorrono il protagonista implorandolo di dare loro il chinino è, non so bene per quale ragione, un'istantanea rimasta scolpita per sempre nella mia memoria. Da leggere con le lacrime agli occhi
Un confino e la scoperta di un mondo parallelo ma alieno e indifferente al flusso della vita e della Storia che scorrono oltre l'arsura delle sue creste e burroni. Uno sguardo dall'alto, quello di Levi alla realtà contadina antica, scandita da riti, magie e superstizioni ataviche annidate sui poggi lucani da tempo immemore; uno sguardo a volte distaccato e infastidito, a volte simpatetico e amorevole verso quell'alterità da cui, pure lui, il dottor Levi, ha imparato qualcosa e attinto ombre e colori per i suoi quadri. «Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove sta il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.»
Recensioni
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