L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Mah...come dire, lo stile narrativo non mi é piaciuto affatto, inizialmente volevo abbandonare la lettura poi mi sono impegnato e l'ho concluso. Ho visto anche il film e vi assicuro che é MOLTO meglio del libro. Entrambi non giungono ad una conclusione ma pongono dei quesiti al lettore o al sistema scolastico internazionale riguardo ai metodi di provvedimento con i ragazzi di scuola proveniente da difficili contesti storici culturali ed etnici. Nel contesto non un granché, si può sicuramente leggere.
Mah? Interessante ma probabilmente mal tradotto anche se sicuramente è difficile da tradurre. Quello che, probabilmente, nel testo originale è "slang", qui sembra sciatteria; quasi sicuramente si perde il senso dell'ironia e i professori sembrano spesso stupidi, o insulsi o violenti: sempre comunque inadeguati. Oppure: "Signori, questa è la Francia!"... che non diventi anche l'Italia!
Disarmante l'incompetenza degl insegnanti di questo libro nel rapportarsi ai ragazzi, certo molto vivaci e colorati ma non mi sembra che ci sia niente di anormale in questo, l'anormalità sta nel non saperli capirli da parte degli adulti. Per fortuna non tutti gli insegnanti sono così, ho rivisto alcune situazioni delle mie scuole medie di tanti anni fa (10) e ad una certa età è molto facile lasciarsi andare a dei comportamenti molto estroversi, è giusto sgridare ma sempre con della comprensione, questi isegnanti non capivano veramente niente. I ragazzi tante volte mostravano valori (il chiedere scusa) e interesse verso certe tematiche attuali importanti (il terrorismo, il razzismo) a dimostrazione che valori ci sono basta solo saperli fare uscire e questoè un problema attule relativo anche ai nostri insegnanti che non sanno assolutamente rapportarsi agli allievi, ne sanno insegnare con dei metodi efficienti. Il professore di questa scuola sperava che nessuno si presentasse alle lezioni di recupero (a dimostrazione di quanto poco gli importasse dei ragazzi) loro invece (a dimostrazione di avere dei valori per quanto discoli) si sono presentati, il professore tante votle non correggeva inesattezze negli esempi degli alunni perchè non en aveva voglia dando per giusto l'esempio (pensava: speriamo che nessuno si accorga dell'inesattezza), e questo capitava a molti dei miei insegnanti (eppure sono pegati), per non parlalre poi dei discorsi "ma a me non sembra che sia traumatizzata dallamorte del padre) O_O oppure il mandare dal preside un ragazzino perchè chiede se può portare un amichetto all'uscita didattica..un ragazzino di quell'età può non sapere bene il perchè non si può fare invece che avere un atteggiamento così arrogante da non rispondere e mandare dal preside darebbe meglio spiegare, alle superiori in 5 in alcune uscite gli insegnanti ci dicevano che se conoscevamo qualcuno interessato potevamo farlo (perchè eravamo maggiorenni) nel caso presentato nel libro no, ma va spiegato.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Sono otto anni che insegno alle medie e da otto anni c'è sempre qualcuno che mi chiede come mai non scrivo la storia di Stefano-che-lecca-le-maniglie o quella dei genitori che mi hanno chiesto il permesso di divorziare o ancora le vicende strappacuore dell'irresistibile Michael. Sorrido, ringrazio per la fiducia, e penso che non posso, non soltanto perché non sono una scrittrice, ma perché nella mia ingenua passionalità non riuscirei mai a trovare la distanza necessaria per rendere leggibile ad altri la mia scuola. Non potrei cambiare neppure il nome dei miei ragazzi, figuriamoci trasformarli in personaggi di un romanzo, un diario di bordo, l'ennesima denuncia della situazione catastrofica in cui versa la scuola italiana; mi sembrerebbe l'ultimo e il peggiore dei tradimenti. Ho iniziato quindi a leggere La classe (imperdonabile banalizzazione del claustrofobico, quasi concentrazionario, titolo originale Entre les murs) con quel misto di pregiudizio, irritazione, invidia e torinese imbarazzo che sempre provo per i libri che descrivono ambienti o momenti troppo prossimi alla mia generazione o al mio lavoro.
Bégaudeau, però, pur parlando della sua scuola e dei suoi ragazzi, non è né passionale né tantomeno ingenuo. Il suo diario di classe è asciutto, compatto e si attiene con rigore al punto di vista del narratore che alterna essenzialmente due luoghi: la sala professori, con le chiacchiere dei colleghi che ripetono ossessivamente, giorno dopo giorno, mese dopo mese, le stesse frasi, sulla macchinetta del caffé che ruba le monetine, la fotocopiatrice che non funziona, gli allievi sempre più insopportabili, ignoranti e aggressivi, e il luogo dello scontro per eccellenza, la classe. È questa l'arena in cui conflitti razziali, generazionali e sociali esplodono con violenza, mettendo spesso da parte il fragile velo di una didattica unitaria che, secondo attardati ideali da troisième république, dovrebbe annullare le differenze e creare un'indistinta piccola borghesia francese, vera detentrice dei valori dello stato e della grandeur. (In Italia il mito della scuola perfetta mi sembra invece basato su una romantica e anarchica eccezione alla regola, molto De Amicis, qualche Giamburrasca e un pizzico di don Milani indebitamente mischiato con don Bosco).
Anche nel raccontare il suo rapporto con gli studenti, Bégaudeau riesce a mantenere la soggettiva, senza darci neppure i volti dei ragazzi, ma soltanto i nomi, le voci e qualche dettaglio, come le scritte in inglese sulle felpe, i vistosi orecchini delle ragazze, cappellini e cappucci che nascondono occhi e timidezza dei maschi. Il professore è perennemente in difficoltà, sia dal punto vista professionale, perché la sua formazione umanistica e i programmi da seguire gli rendono difficile affrontare le vere lacune dei ragazzi, facendolo sentire superiore ma inadeguato, sia da quello emotivo, perché spesso non riesce a non rispondere alla incessanti provocazioni cui viene sottoposto. Deve ricorrere continuamente all'autorità superiore del preside, insulta due ragazze travolte da ridarella incontenibile e solo la consapevolezza della propria inferiorità fisica gli impedisce di azzuffarsi con il giovane maschio che fa appello al suo testosterone invitandolo a battersi con lui se è un uomo e non un frocetto.
Il risultato di questo sguardo chiuso tra quattro mura è un'impietosa descrizione del mondo della scuola, un grido di impotenza da parte del singolo docente, inesorabilmente invischiato nel proprio senso di inferiorità e quindi incapace di risolvere i drammi personali dei ragazzi, che pure emergono dalle blande difese d'ufficio della pedagogista, dai soliloqui dei genitori e, in qualche squarcio di turbata sincerità, dai ragazzi stessi. Cosa può dire il prof di francese al ragazzino cinese la cui madre verrà rispedita in Cina perché non ha il permesso di soggiorno, o alla madre che spiega timidamente che forse la figlia non studia più da quando le è morta la sorella, o ancora al ragazzo aggressivo il cui padre si è schiantato contro un muro l'anno prima? Niente. E infatti non dice nulla, registra le testimonianze e la propria afasia, senza ulteriori commenti. Ed è proprio l'assenza di commenti, di spunti sociologici, di inutili appelli al buon senso, la cifra di questo libro. Bégaudeau non offre riflessioni né soluzioni, si limita a descrivere com'è vivere entre les murs, in un microcosmo alieno che sembra rifiutare i valori esterni per sprofondare in una giocosa e infantilmente perversa ripetizione della legge del più forte.
Per queste ragioni La classe è un libro spiazzante, che vuole creare disagio e ci riesce. Il lettore, soprattutto italiano, abituato ai professori eroici dei film americani, alle ironiche, affettuose, galline volanti, al trionfo del buon senso e delle soluzioni estemporanee o, peggio, alla misera farsa degli stupidari (fa eccezione in quest'ambito l'intenso e bellissimo Il sopravvissuto di Antonio Scurati, scritto non a caso da un autore esterno al mondo della scuola dell'obbligo), non si capacita della dura fierezza degli allievi di Bégaudeau, fratelli minori, certo, dei ragazzi che hanno messo a ferro e fuoco le banlieues negli ultimi anni, ma anche capaci di folgoranti lampi di intelligenza e lucidità, tali da lasciare anch'essi inebetito il povero docente e i suoi congiuntivi imperfetti. Chiara Bongiovanni
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore