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Anno edizione: 2024
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Uno studio equilibrato ed approfondito, con spunti di riflessione ed informazioni assai interessante
È un testo impegnativo e documentato. L'autore chiarisce subito che né i credenti né gli scettici troveranno nel libro risposte, egli si ispira ai medievisti, agnostici per professione, e si sforza, e sottolineo si sforza, di rimanere imparziale fino alla conclusione. Per mia convinzione, la costruzione di una psiche abnorme del frate si rivela fin dalla giovinezza, quando lui si identificava in Gemma Galgani, della quale addirittura copiava passaggi epistolari. Ben inquadrato il fenomeno padre Pio nel suo contesto storico, quando il primo conflitto mondiale e la successiva epidemia di influenza spagnola aumentarono il bisogno degli uomini del sacro. Luzzatto invita a diffidare dei cliché, io dico che la mente umana ha bisogno anche di semplificare ma una cosa è la sintesi improntata a cultura e razionalità, una cosa è la sintesi basata su ignoranza, che ispira un... rosario di frasi fatte, una su tutte :la scienza non può spiegare ogni cosa. Tragicomico il nostro destino di umani, fa piangere e fa sorridere.
Testo complesso che richiede notevole impegno ma ripaga appieno il lettore paziente. La figura a tratti contraddittoria di Padre Pio narrata e inserita in 60 anni di storia italiana, fra i giochi della politica, le manovre del Vaticano e l'entusiasmo incontenibile dei fedelissimi di Padre Pio che spesso sconfinava nella superstizione. E' un mondo pieno di chiaroscuri quello che ci presenta lo storico Luzzatto, un'Italia con luci e ombre, piena di furbi, di approfittatori ma anche di persone vere, credibili e in perfetta buona fede. Senza entrare nel merito del giudizio personale sulla figura di Padre Pio ho molto apprezzato il suo metodo e la sua narrazione che secondo me, lodevolmente, non prendono posizione ma si limitano a raccontare i fatti a favore e contro lasciando che il lettore si formi correttamente una propria opinione. Didattico.
Recensioni
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Un giorno dell'estate assolata del 1951 ebbi la ventura di conoscere, all'età innocente (almeno per l'epoca) di sei anni, padre Pio. Mia nonna, che viveva in una cittadina della costa pugliese, decise di portarmi con sé a San Giovanni Rotondo in un viaggio di pie donne che andavano a farsi confessare dal celebre cappuccino: vivevo ormai a Torino, una città alquanto pericolosa per la fede, e anche solo la vista del frate avrebbe potuto evitare di perdermi. Ho un vago ricordo di quella mattina (avevo sei anni): l'impressione più netta è l'atmosfera particolare che avvolgeva la chiesa e che si tradusse in un fremito silenzioso e adorante alla comparsa del frate. Non voglio tediare oltre il lettore con queste frattaglie mnesiche affiorate durante la lettura del bel libro di Luzzatto; se ho deciso di farlo, è perché mi hanno aiutato a mettere meglio a fuoco un disagio crescente che ho provato leggendolo. Ma procediamo con ordine.
Come studiare storicamente il fenomeno di padre Pio, del suo culto, della sua straordinaria fortuna? Comunque lo si valuti, è difficile sfuggire all'impressione che abbiamo di fronte la figura di santo più importante del Novecento cattolico italiano, non fosse che per la sua ricaduta e pervasività sociale. In Italia esistono 2.714 gruppi di preghiera ufficiali di padre Pio e altri 793 nel mondo (dati fine 2005). Un sondaggio, sempre relativo all'Italia, realizzato nell'ottobre 206 dalla Swg per "Famiglia Cristiana" ha confermato che padre Pio è il santo di gran lunga più venerato, invocato, ricercato, amato (più di Gesù e della Madonna?). Nel corso del 2006 circa sei milioni di pellegrini si sono riversati a San Giovanni Rotondo (un numero pari a quanti nello stesso anno si sono recati a Gerusalemme e in Terra Santa). Che dire poi dei miracoli che gli sono stati attribuiti? Dalla morte (23 settembre 1968) fino al dicembre 1995 sono state depositate circa 500.000 segnalazioni di grazie con l'espressione di sentimenti di gratitudine e devozione; 64 mila descrizioni particolareggiate di grazie e miracoli ottenuti; 500 casi con allegata documentazione medica: se si tiene conto del fatto che la positio del cardinale Newman è bloccata per la mancanza anche solo di un modesto miracolo, e che questa anoressia minaccia altre cause di beatificazione, non fosse che per la difficoltà di accertare oggi, alla luce degli attuali criteri medico-scientifici, la soprannaturalità di una guarigione, non si può non riconoscere, nella dimensione taumaturgica attribuita al frate di Pietrelcina, una componente tradizionale ma nel contempo decisiva della fortuna del suo culto. Né è un caso che il vero oggetto del libro in questione, come indicato dal sottotitolo come spesso accade, il vero titolo sia la dimensione miracolistica del culto di padre Pio e il suo intreccio con la politica.
L'autore dichiara fin dall'inizio il suo punto di vista antropologico: in discussione non è la verità o falsità dei miracoli, ma la santità come fatto sociale: "Quale pratica sociale, la santità comporta rituali ed interazioni; i santi contano per come appaiono, non per come sono". In effetti, padre Pio non appare pressoché mai per quel che era e cioè un mistico, un cristomimeta, un frate convinto che la sua sofferenza, come quella del Cristo, potesse svolgere una funzione redentrice vicaria (l'eccezione costituita dall'attenzione al corpo sanguinante del frate non deve stupire, nell'autore di Il corpo del duce) ma "in funzione di": dell'uso cialtronesco e affaristico del suo culto, a cominciare dalla corte dei miracoli che si costituì intorno a lui a San Giovanni Rotondo per finire come succede in genere in questi casi al turismo religioso dei pellegrinaggi di massa contemporanei; dell'uso strumentale della sua figura in una lotta senza quartiere ai massimi livelli ecclesiastici, tradottisi in due "persecuzioni"; ma soprattutto dell'uso politico.
Quest'ultimo uso costituisce l'apporto più originale e rilevante del libro. Grazie a un'indagine archivistica attenta e approfondita, Luzzatto mette in luce in modo convincente trame e personaggi ignoti o poco noti almeno su questo sfondo che utilizzarono la crescente popolarità di padre Pio per rinsaldare il rapporto tra chiesa e fascismo. Lo studio del culto di padre Pio durante il ventennio diventa così un modo nuovo e prezioso per studiare il clerico-fascismo; nel contempo, se si pensa alle sue rinnovate fortune, anche dal punto di vista dei mass media, nell'immediato secondo dopoguerra (santo da rotocalco, divo con le stigmate, nuovo uomo della provvidenza), esso è anche "una maniera per chiedersi quanto sia rimasto in Italia del clerico-fascismo, dopo la fine del fascismo".
Un posto a parte, in questa vicenda, occupa Emanuele Brunatto, un vero e proprio deuteragonista, l'apostolo organizzatore del culto. Personaggio proteiforme, lestofante e geniale, delatore e artista, attraverso vicende rocambolesche e tragicomiche ricostruite in modo brillante da Luzzatto, Brumatto è alla fine in grado di compiere quella generosa donazione iniziale che gettò le basi della costruzione dell'ospedale di San Giovanni Rotondo. Peccato che dietro quella donazione ci fossero i loschi traffici di mercato nero nella Parigi occupata tra Brumatto e gli ufficiali della Wehrmacht: "Il benemerito ospedale del frate con le stigmate affonda i propri natali finanziari letteralmente nell'alcol con cui il collaborazionista Brumatto innaffiò i banchetti parigini di una Wehrmacht trionfante".
L'altro capitolo innovatore del libro riguarda le cosiddette "persecuzioni" da parte dell'istituzione. Grazie a nuovi documenti archivistici possiamo così seguire meglio la complessa battaglia tra sostenitori e difensori. In particolare, emerge in tutta la sua distruttività la posizione di padre Gemelli, che scrisse sulla base di una sola breve visita e senza una vera e propria visita medica forse il documento più negativo nei confronti del frate di Pietrelcina.
In epoca contemporanea, la promozione della santità da parte dei vari pontefici è diventata l'antesignana del processo e delle forme di ricristianizzazione di vario tipo manifestatesi a partire dalla Restaurazione. La politica parossistica di Giovanni Paolo II non ha fatto che accentuare una linea di tendenza ben più antica. Su questo sfondo, la storia conflittuale del culto di padre Pio diventa la storia conflittuale e contraddittoria dei rapporti stessi della chiesa con la modernità. Per un verso, è la storia di personaggi e linee di tendenza che hanno teso a dare un'interpretazione al passo con i tempi della fede cattolica, disincarnandola e adeguandola alle esigenze di un'epoca dominata dalla scienza: in questa prospettiva, padre Pio appariva come il retaggio di un cattolicesimo mistico e arcaico, intriso di miracolismi e superstizioni; le stigmate stesse, al confine tra autosuggestione e nevrosi, diventavano il banco di prova di una scienza medica che doveva essere in grado di spiegarne le origini naturali. Per un altro verso, soprattutto nel secondo dopoguerra e dopo la morte del cappuccino, la lotta che si è svolta intorno al suo processo di beatificazione è diventata uno specchio significativo di una revanche de Dieu: di uomini di chiesa, a cominciare dal papa polacco, che nell'alter Christus di San Giovanni Rotondo, nelle sue stigmate, nella sua pietà liturgica, nella sua azione taumaturgica ritenevano di riscoprire quella dimensione del Trascendente costitutiva del cristianesimo, mortalmente minacciata dalla chiesa post-conciliare.
E padre Pio? In una ricostruzione storica, per altro pregevole, come quella di Luzzatto, che programmaticamente dichiara: "Uno studio della vita di padre Pio avrà offerto un contributo istruttivo alla storia dell'Italia novecentesca soltanto se sarà riuscito ad illuminare paesaggi più vasti che un luogo di pellegrinaggio, situazioni più generali che un'avventura di santità: culture condivise, strutture del collettivo", è evidente che non v'è spazio per il singolo protagonista. Ed è a questo punto che il mio ricordo infantile, con il suo implicito messaggio sul particolare fascino e cioè sul carisma straordinario del personaggio, ritorna in scena. Esso aiuta a mettere a fuoco un problema non secondario: il rapporto tra vicenda biografica e più generali strutture sociali. Problema che era già sullo sfondo di I re taumaturghi di Marc Bloch e che, non a caso sempre di un santo, anche se re, si tratta sta al centro del libro di Jacques Le Goff su Luigi IX. È possibile separare in modo così programmatico, come Luzzatto fa, vicenda biografica e più generali vicende storico-sociali? Ricostruire l'intreccio politico-religioso e quant'altro mai che accompagna la storia del culto di padre Pio nel corso del Novecento è, certo, impresa meritoria. Ma è solo un volto della luna. L'altro volto, quello di padre Pio, della sua formazione, del suo rapporto di direzione, delle sue esperienze mistiche, delle reti di relazioni cui esse diedero atto, e cioè del modo in cui mistica e politica in lui si relazionarono contribuendo alla formazione del suo culto, attende ancora uno studioso capace di riportarlo nel mondo sublunare della storia. Giovanni Filoramo
Sergio Luzzatto, docente di Storia moderna e autore di fortunati saggi sull'Italia del Novecento, in questa nuova opera affronta il tema non facile della rilettura del mondo di padre Pio, della vicenda storica di un uomo nato a Pietrelcina nel 1887, ordinato sacerdote a Benevento nel 1910 e scomparso nel 1968. Un uomo che è stato beatificato e poi canonizzato da Giovanni Paolo II.
Una biografia difficile e controversa quella del santo pugliese, frate cappuccino famoso per il miracolo della sua stimmatizzazione, per le guarigioni e per le folle di devoti, curiosi e disperati, che lo seguivano numerosi. A Luzzatto non interessa stabilire se le piaghe sul corpo di padre Pio siano state vere stigmate, né se le opere da lui compiute siano stati veri miracoli: chi cercasse in questo libro la risposta affermativa o negativa a domande di tal genere, sbaglierebbe. Qui, le stigmate e i miracoli del santo interessano per quanto rivelano del mondo che si muoveva intorno a lui: quel variopinto universo di frati e preti, di chierici e di laici, di credenti o di atei, di colti e di ignoranti che hanno creduto, o rifiutato di credere, nel carattere soprannaturale di quelle stigmate e di quei miracoli. Luzzatto descrive, con il rigore dell'indagine storiografica, la "fede dei semplici" suscitata da padre Pio, il credo di un popolo italiano che, dagli anni successivi alla Grande guerra era assetato di segni e bisognoso di una sorta di "miracolismo magico". Il frate, vissuto per quarant'anni a San Giovanni Rotondo in provincia di Foggia, era "il simbolo di un Paese sospeso tra arcaismo e modernità" e il culto nei suoi confronti esprime ancora oggi una miscela di Medioevo e postmoderno: è una devozione autenticamente popolare, di carattere gigantesco e sommerso.
Di questo testo colpisce anche il giallo del capitolo sui documenti inediti che rivelano come il frate, nel 1919, facesse acquistare da una farmacia pugliese, in grande segretezza, dell'acido fenico: una sostanza adatta per procurarsi pieghe alle mani. Richieste sotto banco, bassa cucina del prodigioso che sembrerebbero rivelare una realtà meno incantata di quella descritta nelle agiografie. Lo stesso Luzzatto però, non ha voluto sottolineare eccessivamente questo aspetto della sua ricerca. Una ricerca che ha il merito di rivelare i sospetti che il Sant'Uffizio coltivò per decenni sul conto del frate; e di raccontare la collaborazione fornita all'Ovra (la polizia segreta fascista) dal principale promotore della devozione a padre Pio, Emanuele Brunatto, svelando così gli intrecci nascosti tra miracoli e politica nell'Italia, clericale e fascista, di quel periodo del Novecento.
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