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Dopo aver scritto uno dei più affascinanti affreschi sul Settecento russo (Caterina di Russia, Einaudi, 1988), Isabel de Madariaga analizza ora la vita di Ivan per riconsegnarla all'epoca cui appartiene, il XVI secolo, tra diplomazia degli stati europei, cultura delle loro corti e "diplomazia della steppa" asiatica. Madariaga ha scritto un libro di grande fascino narrativo e ricco di intuizioni illuminanti su vari aspetti del regno di Ivan, la cui figura emerge come quella di un principe rinascimentale che condivideva molte delle caratteristiche culturali delle corti europee dell'epoca, come il forte interesse per l'alchimia e l'occultismo. Madariaga utilizza la comparazione con esperienze europee coeve in campo culturale (come quando le prerogative dello zemskij sobor del 1566 sono raffrontate a quelle del parlamento inglese del XVI secolo), ma senza dimenticare le possibili influenze mongole sulle istituzioni politiche russe, ad esempio nel caso dell'opričnina. L'autrice si scontra però con la disparità tra le fonti utilizzabili dallo storico della Russia pre-petrina e quelle a disposizione di coloro che studiano l'Europa occidentale. Tale diversità è figlia anche delle caratteristiche dell'amministrazione moscovita del XVI secolo, ben diversa da molti dei contemporanei regni europei. Se Basilio III di Russia (1505-1533) aveva ai suoi ordini centoventuno segretari, l'amministrazione coeva di Francesco I di Francia contava quattromila ufficiali (e nel 1573 erano già ben ventimila).
Questa diversità strutturale ha avuto come conseguenza una grande scarsità relativa di fonti scritte, amministrative ma anche di carattere privato, sulla Moscovia del tempo di Ivan. Alla scarsità si aggiunge la dubbia autenticità di fonti cruciali per lo studio del periodo. Madariaga è una specialista del Settecento e, come lei stessa scrive nell'introduzione, non possiede le competenze filologiche per giudicare con cognizione di causa l'autenticità o la corretta datazione dei testi su cui si basa la storia russa del XVI secolo. La questione non è di poco conto, dal momento che fin dall'inizio degli anni settanta Edward Keenan (seguito poi da altri studiosi) ha sostenuto con argomentazioni filologiche la falsità (sarebbero apocrifi del XVII secolo) di due delle fonti maggiori (e letterariamente più belle) sul regno di Ivan: il carteggio tra lo zar e il principe Andrej Kurbskij (pubblicato in Italia da Adelphi) e la Storia del Gran Principe di Mosca, il cui autore sarebbe lo stesso Kurbskij. Altre fonti coeve sono state sottoposte a simili critiche.
Pur non nascondendo l'evanescenza della figura storica di Ivan, Madariaga per necessità non entra nella disputa e utilizza in modo ecumenico le fonti primarie e secondarie (tra cui i grandi storici ottocenteschi russi, in primis Karamzin), con esiti a volte contraddittori. Più che per altri periodi o aree geografiche, il corpus storiografico sul XVI secolo russo resta così legato a sottilissimi fili documentari che un attento esame potrebbe rivelare come già spezzati. Con l'eventualità, come ha di recente ricordato Carolyn Pouncy, di poter scoprire che forse "non sono sopravvissute abbastanza fonti per permetterci di scrivere una biografia di nessuna delle figure della Russia del XVI secolo, compreso Ivan IV".
Niccolò Pianciola
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