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Anno edizione: 1995
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Che affabulatore, che impagabile chiacchierone, è José Saramago, entri in un suo romanzo e non chiedi altro che di ascoltarlo, di leggerlo, decida lui di cosa parlare: di muezzin, di una latteria, di una torre d’assedio, di Sant’Antonio, delle beghe di una piccola casa editrice, di un cane affamato, parli pure d’amore purché parli.
Nell'entusiasmante "Cecità" l'assenza di punteggiatura mi sembrava funzionale alla rappresentazione del caos, dell'impazzimento della società; m'ha lasciato invece perplesso "Memoriale del convento", che forse non ho ben capito, ma in cui di nuovo ho trovato i personaggi di una tale forza, di una tale autonomia da creare un mondo, a suo modo persuasivo. Anche "Storia dell'assedio di Lisbona" ha questo merito, ma stavolta l'assenza di punteggiatura è disperante. Il testo per oltre metà è la lunga elucubrazione di un uomo senza qualità, metodico ma vagamente mediocre, solitario. Non mancano punzecchiature nei confronti della religione, delle religioni e dell'irrazionalità degli uomini; ci sono ironia e satira sociale; autonomia e realismo dei protagonisti, specie di quello femminile (le donne in S. sono sempre più coraggiose e forti degli uomini); e poi riflessioni scettiche sulla Storia, sulla trasmissione delle notizie storiche e sul romanzo storico, che viene meditato e scritto sotto gli occhi del lettore. Però la lettura è troppo, troppo faticosa. Il libro è un inno allo scetticismo, all'atteggiamento critico: protagonista infatti è un revisore, che non a caso è sempre citato per nome e cognome, come a prenderne le distanze. "Mi limito a essere scettica del tipo radicale. L'amore è probabilmente l'unica cosa in cui lo scettico ancora può credere": temi e atteggiamenti costanti in S. Si diffida soprattutto del linguaggio: ecco l'abbondanza di incisi, a puntualizzare ogni cosa, e di concessive. Frequenti le meditazioni sottili e potenti ma anche intellettualistiche sulle possibilità (alla Calvino: la storia parte infatti da un libro) più che sulla realtà. Sorta di sfida, di beffa fin troppo prolungata ai critici letterari e all'etichetta ricevuta di "autore di romanzi storici". Scetticismo e straniamento: ogni evento, ogni gesto, ogni racconto è rallentato, sfaccettato e oggetto di sottile ironia. Grande insegnamento di metodo, di morale, tipico di S. Sì, però...
Il titolo del libro già ci dice chiaramente ciò di cui l'autore tratterà. Ci troviamo nel 1147 ed i portoghesi, aiutati dai crociati, stanno cingendo d'assedio la città di Lisbona nel tentativo di riconquistarla dopo diversi secoli di ininterrotto dominio arabo. Il revisore Raimundo Silva si trova per le mani la bozza del libro che racconta questa storia e decide, arbitrariamente, di aggiungere una parola, una semplice parola, un NON, in un certo punto del libro, proprio quando si dive che i crociati decidono di aiutare il re portoghese a liberare dai mori la città di Lisbona. La storia, dunque, si trasforma, e così anche la vita di Raimundo Silva, che grazie a questo "deliberato errore" inizia una relazione con la sua direttrice Maria Sara, che parallelamente lo incarica di terminare "La storia dell'assedio di Lisbona" seguendo la sua idea del "non" aiuto da parte dei crociati. La storia d'amore attuale tra Raimundo e Maria Sara si intreccia con quella di allora tra il soldato Mogueime e la bella Ouroana. Insieme a tutto ciò Saramago tratteggia un momento fondamentale della storia del suo Paese, descrivendoci le due fazioni in guerra, assediati ed assedianti, mori e cristiani, non senza quelle sue famose ironia e satira nei confronti del mondo cristiano che da sempre lo caratterizzano. Traspare infatti chiaramente la simpatia di Raimundo verso i mori. Come sempre con i libri di Saramago è molto difficile entrare nel suo mondo e soprattutto nel suo modo di scrivere, privo di discorsi diretti e con pochissimi punti. Bisogna fare un piccolo sforzo quindi, ma il premio che si riceve è notevole. Un autore unico e visionario, capace, in questo caso, di narrare un pezzo di storia fondamentale in modo originale e geniale, aggiungerei io. Un libro imperdibile.
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