L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2008
Promo attive (0)
Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non aspettatevi Q, ma comunque e' un bel libro gradevole e originale, con un bellissimo finale.
Bravissimi i Wu Ming a raccontare la storia a modo loro... dopo aver letto "Q" (come si dice spesso oggi "tanta roba"), mi ritrovo con l'approfondire periodi e personaggi che conoscevo solo di nome... raccontati con altri "inventati" appositamente per il romanzo... molto più scorrevole di "Q", probabilmente più "easy", ma ugualmente avvincente e interessante! consigliato vivamente!
Del collettivo Wu Ming avevo già letto precedentemente sia "Q" che "Manituana",ma ad essere sinceri nè l'uno nè l'altro mi avevano appassionato/convinto del tutto.A mio giudizio è questo il loro romanzo più riuscito,dagli incastri narrativi mai così perfetti,e un quadro generale dell'Italia del dopoguerra ben delineato.I personaggi sono ben caratterizzati,senza scadere nel romanzo d'appendice com'era accaduto talvolta negli altri romanzi.Per tacere poi dello stile,in tutte le sue parti scorrevole e brioso,perfettamente amalgamato.Da leggere,sicuramente.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Wu Ming
54
pp. 673, euro 15,
Einaudi, Torino2002
54 è il nuovo romanzo storico realizzato dal gruppo dei cinque scrittori ormai noti con l'appellativo Wu Ming (senza nome). Dopo il sorprendente esordio nel 1999 con il western teologico Q (a nome di Luther Blisset, Einaudi; cfr. "L'Indice", 1999, n. 7), ambientato durante la riforma luterana, e il successivo Asce di guerra (assieme e attorno alle vicende narrate con Vitaliano Ravagli; Tropea, 2000), giunge ora 54, un complesso viluppo di storie parallele che si svolge - salvo il doppio prologo alla Conrad - nel 1954. Il romanzo si snoda su più scenari: Bologna, Palm Springs, Napoli, Trieste, la Francia, la Jugoslavia, l'Urss e il Messico.
Perché questa enfasi sul 1954? Nell'immaginazione "storiografica" degli autori - peraltro pienamente legittima - il 1954 segna un anno di svolta internazionale e gli autori affidano nientemeno che al primo presidente del Kgb, il generale Serov, la loro visione degli eventi: "Che anno convulso. Un anno che cambiava la faccia al mondo. La nascita del Kgb. La conferenza di Berlino. Il riarmo della Germania e la sua adesione alla Nato. La sconfitta dei francesi in Indocina e la divisione del Vietnam. Tito. La rovina di McCarthy. Tito e Cary Grant. Esperimenti nucleari nei deserti e in mezzo agli oceani. La fine del 'dopoguerra'". Benché posta nell'epilogo, questa considerazione mi pare sia stata la miccia iniziale che ha innescato la scrittura. La sfida diventa allora quella di creare un libro corale che contenga questi eventi e li metta in una relazione dinamica con una serie di personaggi. Il 1954 per l'Italia è anche l'anno nel quale esplode lo scandalo Montesi, Mario Scelba è a capo dell'esecutivo e hanno inizio le prime trasmissioni televisive il 3 gennaio, giorno in cui, per coincidenza non casuale, entra nel vivo anche la narrazione di 54, con una corsa truccata all'ippodromo di Agnano, dove si muove anche l'intoccabile Lucky Luciano, mandato dalle galere dello zio Sam a respirare la libertà, per meriti bellici, nella colonia Italia. Per quanto ci si voglia sforzare, è impossibile delineare in poche righe una sintesi delle vicende del testo, a meno che non si aprano diverse porte parallele, sapendo che i relativi percorsi non necessariamente arriveranno a sfiorarsi. Forse è proprio il televisore "fuori dal comune" McGuffin Electric, che "vede, ascolta, riflette, ma non funziona", il marchingegno che riesce a entrare dentro a più storie: un po' come la pallina da baseball di DeLillo, se si vuole, ma l'elettrodomestico non viaggia nel tempo.
A un articolato incastro narrativo corrisponde una scrittura briosa, ben adattata ai personaggi, ora contenuta nella sua tentazione verso il pastiche, ora ritmata dai motti di spirito: si tratti delle lievi facezie di Cary Grant (sì, proprio lui, l'attore) o del più popolaresco brontolio felsineo degli avventori del bar Aurora. Come è inevitabile che sia per un libro di questo genere, la documentazione che lo sorregge è ampia e appropriata: dai brani di jazz ai tipi di tè, dai vestiti di Cary Grant alla Filuzzi delle balere bolognesi. Sono dettagli che ravvivano e delimitano il tempo e lo spazio dei personaggi. Su tutti colpisce l'inquietudine ribelle di Robespierre Capponi (un profilo vicino a quello di Vitaliano Ravagli in Asce di guerra), ragazzo arrivato in leggero ritardo all'appuntamento con la Storia. Troppo giovane per combattere nella Resistenza, vive un amore impossibile con una donna sposata a un dirigente del Pci e mal respira il bigottismo rosso di una Bologna adagiata sulle formule di intransigenza staliniana (si veda il Tito comunista-fascista). Nell'antieroica quotidianità che macera le grandi speranze è tuttavia ancora possibile un gesto coraggioso, uno strappo per ricominciare daccapo.
«Betsy aveva consigliato a Cary di andare dal dottor Clapas, di cui le amiche dicevano un gran bene. Gli eventi degli ultimi mesi avevano scacciato la depressione, restituendo Cary Grant al mondo che ne esigeva il ritorno. Ora si trattava di capire i motivi della depressione, per impedirle di tornare. Il sole non doveva più oscurarsi, la mano che muoveva il rasoio non doveva più tremare.»
Non è possibile parlare di questo romanzo senza preventivamente raccontare la storia di Wu Ming, il nome collettivo dietro il quale si "nascondono" gli autori. Fondatori, nel gennaio del 2000, di Wu Ming sono stati Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Luca Di Meo e Federico Guglielmi, tutti già membri del Luther Blisset Project e autori di opere di successo come Q e Totò, Peppino e la guerra psichica, cui si è unito l'autore di Havana Glam. Ma questi scrittori giocano sull'inutilità del comparire in prima persona, tanto che hanno scelto uno pseudonimo che significa in mandarino "nessun nome". Non desiderano la notorietà personale, non vogliono apparire con un volto, ma non per questo non si mettono in gioco. Innanzitutto con le loro opere e poi con un sito in cui si possono trovare molte informazioni interessanti, tra le quali una appassionata dichiarazione di intenti, che identifica anche le storie che i Wu Ming intendono raccontare: «Innanzitutto, storie che abbiano un capo, un intreccio e una coda. Lo sperimentalismo è accettabile solo ed esclusivamente se aiuta a raccontare meglio... Quelle che ci interessano sono storie di conflitti, intessute sui telai dell'epos e della mitopoiesi, storie che adottino meccanismi e stilemi propri della narrativa 'di genere', del biopic, dell'inchiesta militante o della microstoria. Romanzi che attingano materia viva dalle zone d'ombra della storia, storie vere narrate come romanzi e/o viceversa recupero di vicende dimenticate, al centro o ai margini delle quali si sviluppano le nostre trame».
Ecco tracciate le linee guida di 54. Al centro del romanzo l'anno 1954, con le vicende nazionali e internazionali che l'hanno attraversato, ma soprattutto con tanti piccoli eventi personali. Le pagine sono attraversate da mille protagonisti, da tante piccole storie personali e collettive. Ci sono ex partigiani e militanti politici, ragazzi "da bar" e anziani in casa di riposo, negozianti onesti e non, trafficanti, spacciatori e clienti, attrici e attori più o meno noti (con una curiosa presenza continua: un Cary Grant in crisi esistenziale) ballerini e mercenari, semplici passanti e il Presidente del neonato Kgb... Come un satellite che ruoti attorno alla terra e fotografi per 365 giorni qui e là i momenti di vita vissuta, così 54 ci racconta un anno dell'umanità in modo incredibilmente lineare. Le cinque voci distinte di Wu Ming non sono riconoscibili e l'opera, spesso connotata da un taglio quasi cronachistico, pare scritta da un'unica mano per nulla gelosa del proprio lavoro, tanto da scegliere di non vincolare il testo a un rigido copyright: «è consentita la riproduzione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale».
A cura di Wuz.it
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore