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Ci sono opere di matematica concepite nel convincimento che si possa scrivere un trattato di matematica prescindendo dalla filosofia. Il libro è piacevole ma la filosofia non si avverte; si fa cenno alla gnoselogia intuizionista di Brower ma l'idea che l'esperienza matematica debba giustificarsi in base a principi filosofici non si avverte mai. E' concepibile una trattazione della matematica senza la fondazione filosofica delle sue giustificazioni, dei suoi assiomi, del suo linguaggio, del suo simbolismo? Non è possibile, perchè la filosofia è la teoria generale del ragionamento ed in questo senso è la sola disciplina che può formalizzare lo stesso schema astratto di analisi sia per la matematica che per il diritto. O per l'economia. Tanto per fare un esempio, i filosofi del linguaggio giuridico e matematico (Kelsen, Godel, Husserl) trattano i due universi con identica ontologia fondamentale di compatibilità coerenza razionalità ecc. e finiscono tutti per risolvere la filosofia nella logica e la matematica nella filosofia, quindi per una legge semantica transitiva, nella logica anche se spesso simulata con la gnoseologia razionale. Philosophia mathematica resolvitur, quindi. Insomma, la matematica è una scienza seria, tranne per l'aspetto comico del suo simbolismo, e questo lo svela come sempre la filosofia. Quella del lnguaggio evidentemente. Nel libro l'esempio tipico di questa assenza è la sua analisi della matematica probabilistica, in cui la carenza filosofica è devastante: nel gioco, scrive, "l'aspettativa di guadagno ad ogni tiro è sempre la stessa" e lo spiega con una teoria di Bernoulli secondo cui "il valore del denaro non è assoluto". Dove manca la filosofia (vel logica)? Nell'oblio della razionalità: doveva essere enunciato che l'aspettiva è identica perchè tale è il carattere della aspettativa razionale (logica) in carenza di una regola che ne fondi diversa ricorsività e in ciò sta l'invariabilità stocastica dell'esito, non nel rapporto col denaro.
Libro interessante, anche se non di facile lettura, soprattutto se non si ha una buona preparazione in matematica. Sarebbe bene seguire l'indicazione dell'autore, che suggerisce di leggere il libro due volte: in effetti, con una seconda lettura, è possibile ottenere una migliore visione d'insieme e capire i collegamenti che vengono fatti. Inoltre, pregevole il fatto che il libro si presti ad una lettura non necessariamente lineare: si può infatti scegliere di leggere il libro solamente "piluccando" quelli che sembrano i paragrafi più interessanti. Su tutto, vorrei ricordare l'ottima prefazione di Gian Carlo Rota, interessante e divertente, che offre uno spaccato della matemtica un po' diverso da quello cui ci hanno abituato a scuola.
180 paginette sono decisamente poche per un viaggio, per quanto bignamistico e riduttivo, nella Matematica del novecento. Fin troppo numerose le omissioni di rilievo: Chaitin, Solomonoff, Knuth, chi erano costoro ? Per contrappasso, il testo è insopportabilmente affollato di fisici, comprimari e meteore varie. Questo agile libretto è consigliabile propedeuticamente per un pubblico a bassa alfabetizzazione matematica, che tuttavia non abbia paura di vedere timidamente comparire, di quando in quando, sparute formulette di livello liceale. A patto che, al termine della lettura, non ci s'illuda di saperne abbastanza sulla Matematica e sulla sua storia recente, e si corra ad acquistare qualcuno dei titoli indicati nella ultraconcisa bibliografia, tra cui l'ottimo Kline.
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