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Poesie (1980-1992) e altre poesie
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Poesie (1980-1992) e altre poesie - Valerio Magrelli - copertina
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Poesie (1980-1992) e altre poesie

Descrizione


"Ora serrata retinae" (1980), "Nature e venature" (1987), "Esercizi di tiptologia" (1992): sono i tre libri che hanno imposto Magrelli, procurandogli, sin dagli esordi precocissimi, l'attenzione di lettori come Calvino e Citati, Giuliani e Porta, Bernard Noel e Octavio Paz. Riuniti in un solo volume, con l'aggiunta di una scelta di nuovi testi, consentono di valutare meglio un percorso poetico tra i più originali degli ultimi decenni. Partendo da un approccio spiccatamente filosofico, la poesia di Magrelli, è andata esplorando i mutamenti tecnologici, per arrivare di recente a una produzione più nervosa, contratta, che utilizza anche il monologo in prosa.
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Dettagli

1996
1 gennaio 1997
320 p.
9788806140809

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Giovanna Moles
Recensioni: 4/5

Le poesie sono stupende, interessanti e ricche di significato...alcune poesie non le ho capite per via del linguaggio un po' difficile, per questo motivo gli do 4 e non 5. Le poesie fanno trasparire diverse situazioni, riflessioni e stati d'animo dell'autore Valerio Magrelli. E' un bel libro!!!

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maria giulia
Recensioni: 2/5

Non mi hanno colpito molto, queste poesie... alcune di più, altre di meno, ma non ci ho trovato niente di speciale. Certe hanno un linguaggio un po' difficile, non si capisce di cosa si sta parlando, oppure hanno un argomento monotono. Invece mi sono piaciute quelle riguardanti la scrittura delle stesse poesie. Non è un libro eccezionale...

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La Recherche
Recensioni: 5/5

[...] La poesia di Magrelli sa prendere il lettore, sa affascinare e coinvolgere, proprio perché, come già detto, apre finestre sulla vita del poeta, sulle modalità stesse della sua scrittura. Le poesie assumono, via via, una componente diaristica importante, specialmente le ultime, dove addirittura la poesia diventa prosa, pagina di diario. La sua ironia riesce a guadagnargli simpatia, per certi versi ricorda la polacca Wislawa Symborska, con i suoi toni un po’ beffardi ma sempre sinceri, spontanei, veri, mai né sopra né sotto le righe, netti ma mai troppo ammaestrati. Per Magrelli la poesia sembra avere un potere descrittivo, nel senso che riesce a ricomporre, in qualche modo, “le immagini che la precedono” e a presentarle al lettore in una “figura bella”, facendo “bella figura”: “Una poesia che ricomponga / le immagini che la precedono / è figura per eccellenza. / E’ il comportamento dell’uomo / davanti alla sua fantasia. / Fare bella figura / vuol dire fare / una figura bella, il disegno che restituisca / all’oggetto le sue linee, / i suoi contorni al pensiero”, (pag. 92). Ma la poesia è anche intuizione, mezzo di descrizione che rivela, prima di tutto al poeta, qualcosa ch’è ignoto: “Io non conosco / quello di cui scrivo, / ne scrivo anzi / proprio perché lo ignoro. / […] / Per me la ragione / della scrittura / è sempre scrittura / della ragione.”, (pag. 93). Scrivere poesia è “un atto delicato” che mai cavalca l’onda di un mero sentimentale modo di percepire il mondo senza tenersi ben saldi alla zattera della ragione, cioè ad una analisi attenta, critica e ben ponderata del mondo, e i versi di Magrelli proprio questo denotano, delineandosi mai banali ma, anzi, di vasta portata e ampio respiro, moderni.

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Recensioni

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Voce della critica

Accademico e critico, traduttore e saggista, narratore e poeta, Valerio Magrelli è un autore capillarmente presente nel dibattito culturale e considerato dalla critica voce autorevole all’interno del panorama letterario contemporaneo.
Questo libro, che raccoglie le prime tre opere in versi con aggiunta di componimenti inediti, sancisce la chiusura di un ciclo e nel contempo tira le fila di un’attività poetica decennale. L’opera di esordio, Ora serrata retinae, presenta i nuclei tematici dominanti dell’immaginario magrelliano (la riflessione sull’identità soggettiva, sugli elementi irrazionali, sulla lingua) attraverso una lucida e tersa tessitura meditativa.
Nature e venature opera uno scarto in direzione di una frattura e di un disorientamento del mondo chiuso del soggetto, costretto a confrontarsi con le tensioni che provengono dal cuore oscuro della natura. Esercizi di tiptologia inasprisce questi elementi mettendo in scena un viaggio all’interno delle profondità ctonie del reale, aprendo il discorso poetico al confronto con l’attualità e facendo emergere un’umanità lacerata e corrotta.
A tenere insieme questo lungo percorso in versi è la nitida propensione della lingua di Magrelli verso l’adesione ai moti della ragione, principio di ostilità e dissenso nei confronti delle forze caotiche e disgreganti in seno all’esperienza umana.

Recensione di Manuel Molinaro
A cura del Master in Editoria dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori

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recensione di Fo, A., L'Indice 1996, n.10

Chiudendo con il 1996 il "primo volume" della futura sua integrale di versi, Magrelli invita a uno sguardo sinottico e a un bilancio sulla sua poesia.
Stupisce ancora della sua prima raccolta "Ora serrata retinae", stampata a ventitré anni nell'80, il piglio lucido, disinibito, innovativo che domina lo "scabro ed essenziale" plesso di riflessioni sull'io, la mente, il corpo, la scrittura. E appare subito chiaro che Magrelli va a ottemperare agevolmente - per vocazione - e di buon grado a un compito che resta (secondo me) essenziale per la poesia: cogliere le pieghe più nascoste del mondo e riesibirle in un assetto semplice ma araldico, definitivo. Magrelli ne appare cosciente, se si può scorgere tale autoconsapevolezza nella manovra con cui una poesia programmatica della seconda silloge (Nature e venature, 1987) risponde al celebre Non chiederci la parola di Montale (l'incipit suona "Non pretendo di dire la parola"). Magrelli vi scrive: "Io traccio il mio bersaglio / intorno all'oggetto colpito, / io non colgo nel segno ma segno / ciò che colgo, baro, / scelgo il mio centro dopo il tiro".
"Ammirevole è la vita delle cose": e questo è il ponte forse più evidente fra le due prime prove. Ecco a nudo lo stridere di una porta, le europe di vino sulle tovaglie, gli oggetti a coppie che rivelano un passaggio di sposi. E le cose reiette, "ciò che nessuno ruba", materiali grezzi che goffi, vagamente citrulli, esprimono col loro balbettio barbarico quello che possono sulle complicatezze della vita: limature di ferro sotto un vento magnetico, fusioni di piombo poi rapprese nell'acqua. Anche in diacronia: come per il latte, il suo degenerarsi e poi rigenerarsi a nuova forma derivata. Viene a evidenza la loro modernità: la tecnologia, le plastiche con le loro venature di assemblamento (che Magrelli elegge a simbolo di sé), gli oggetti quotidiani sono accolti come pezzi di natura in questa lirica vasta che tutto legittima e illumina di vita segreta, recondita.
In una fuga, le cose ne imitano altre: le posate sono nuova e metallica traduzione della flora; le molliche assumono nuove forme ("questa è un piede sinistro"), come le nuvole; e queste a loro volta paiono aspirare ad avere soltanto forma di nube.
Al tema del corpo partecipa un motivo che sulle prime appare meno rilevato, ma connette saldamente le due raccolte fra loro e con la terza ("Esercizi di tiptologia", 1992): quei fenomeni del corpo che sono la malattia, gli interventi, il "sentirsi male", il dolore. Sfilano la miopia, l'angina, la febbre, l'emicrania, l'ambulatorio, l'operazione a un molare, le viti e i chiodi negli arti. "Ma avevo ancora attraversato il dolore / (...) Avevo doppiato una stagione di sconforti": non il lamento, bensì l'estrazione della radice quadrata filosofica di un'esperienza. Scorgere nel "male della pietra" i principi di una lenta resurrezione minerale; e fra le lacrime "la prima gemmazione dello spirito" nel "minerale / sconforto della materia".
Forse anche l'insieme contiguo del letto, delle lenzuola, del sonno, della camera trova spazio perché dipende in parte dalle conseguenze imposte al corpo da una malferma salute. Nel letto succedono cose incredibili: riposo, amore, morte, riflessione-ispirazione.
E qui si innestano i temi del quaderno e dello scrivere, che lo spazio costringe a trascurare insieme ad altre piste notevoli quali lo sguardo, l'acqua, il tempo e l'orologio (inclini entrambi a forme tondeggianti), la barca (partecipe di una curvatura delle cose che presiede all'intera raccolta d'esordio). O come quelle di anatomia, ingegneria, astronomia, navigazione, edilizia e varie altre scienze e tecniche umane nei cui parametri Magrelli studia e rigenera il mondo. Fonde trivio e quadrivio la scrittura, cui sono poi contigue anche le arti di orti, campi, coltivi, e del dipingere.
Dirò così dello stile, inizialmente presocratico e geometrico come uno stato africano, poi - quasi allargato da una mediazione lucreziana - più attento ai suoni, ai metri, al gioco. È di prammatica nel primo Magrelli il passo assertorio-definitivo: dimostrativo e soggetto (o pronome personale), più copula, più creazione di un nuovo predicato nominale che scavalca sia la similitudine sia la metafora (sua epitome) per arrivare direttamente al cuore: "Questo letto è una tavola astronomica", "questa cucina è una natura morta con cuoco", "questa pagina è una stanza disabitata", "questo quaderno è il mio scudo, / trincea, periscopio, feritoia", "io (...) / sono il custode del quaderno", "io sono ciò che manca / dal mondo in cui vivo". Segni di iterazione (spesso, a volte, quando...) marcano la ciclicità di queste sensazioni e condizioni. Basso continuo costituiscono i nugoli di brevi accumuli di immagini e insiemi, appartati crocchi di folla onirica, che virano la superficie a fughe di levità e icarismo, per diventare stilema specialmente insistito nella seconda maniera.
Rispetto al "primo", il "secondo" Magrelli (gli "Esercizi" e le "Altre poesie") resta in continuità ma preme a che prevalga l'istanza dello scarto. Indaga con grande finezza nuovi spazi dell'espressione poetica, in particolare i più tecnici: arte allusiva, traduzione rielaborativa, impianti metrici, anagrammi e (all'insegna di quello del proprio nome) escursioni nella prosa. I risultati più alti si colgono tuttavia a mio vedere là dove Magrelli è più fedele a se stesso, come in quel capolavoro che è "L'abbraccio". Personalmente auspicherei che dunque la pur legittima istanza di scrivere libri ogni volta diversi non sospinga Magrelli troppo al largo rispetto all'identità che riterrei la sua più autentica: quella di esploratore in grado di scoprire perentorie e ineludibili formulazioni, maestro della "maieutica del segno" che "indicando le cose con il loro dolore / insegna a riconoscerle".

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Conosci l'autore

Valerio Magrelli

1957, Roma

Valerio Magrelli è nato a Roma nel 1957. Traduttore, ordinario di Letteratura francese all'Università di Cassino e saggista, ha pubblicato, tra tutte le opere: Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tipologia (Mondadori, 1992). Le tre raccolte, arricchite da versi successivi, sono poi confluite nel volume Poesie (1980-1992) e Altre poesie (Einaudi 1996). Sempre per Einaudi sono usciti Didascalie per la lettura di un giornale (1999) e Disturbi del sistema binario (2006). Fra i suoi lavori critici, Profilo del dada (Lucarini 1990, Laterza 2006), La casa del pensiero. Introduzione all'opera di Joseph Joubert (Pacini 1995, 2006), Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell'opera di Paul Valéry (Einaudi 2002, L'Harmattan...

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