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Ho iniziato ad amare Manfredi leggendo i suoi saggi (Mare greco, I greci d'occidente, La strada dei diecimila, ...), che trasudano un entusiasmo raro e contagioso. L'ho poi apprezzato in alcuni romanzi e racconti, ma ho esitato a lungo questo libro perché i suoi lavori immediatamente precedenti non mi avevano entusiasmato e perché le vicende narrate non si svolgono nelle epoche/luoghi che associo al miglior Manfredi (... e, lo ammetto, anche perché la copertina del libro mi pare deprimente). Certo, ci sono alcune imprecisioni storiche (ma in fin dei conti è un romanzo "contadino ignorante", non un saggio storico) e un certo calo nell'ultima parte, ma questo libro è tra le sue opere migliori per come descrive la vita contadina di inizio '900, per come racconta la prima guerra mondiale, per come ci fa vivere l'avvento del fascismo, e le conseguenze dell'8 settembre 1943, ... Assolutamente consigliato!
Gran libro. Superbo racconto di 3 generazioni di un'umile famiglia contadina come ce ne potevano essere tante durante le 2 grandi guerre. Il romanzo permette di immergersi nelle bellissime ambientazioni delle campagne emiliane e di ripercorrere gli orrori delle guerre e della liberazione.
Valerio Massimo Manfredi prende in prestito una numerosa famiglia emiliana, quella dei Bruni, per farci attraversare le vicende salienti del primo Novecento. Dalla società agricola della mezzadria alla Grande Guerra, dalle difficoltà economiche e sociali alla Seconda Guerra mondiale. E' un vero piacere ripercorrere quelle storie che accompagnano i racconti di nonni e genitori, la vita quotidiana nelle campagne, l'odore dei "fiori del grano" che fa battere il cuore, le notti piene di grilli e racconti, ma anche l'orrore delle battaglie, le incomprensioni, le scelte politiche che possono tagliare i legami familiari o di grande amicizia. Otel Bruni non è che un invito a sedersi sulla paglia dei nostri antichi granai per ascoltare ancora una volta la nostra Storia.
Recensioni
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Non che avesse proprio l’aspetto di un “Otel”, la stalla dei Bruni, ma era ospitale, questo è sicuro. Si trattava di un grosso capannone distante una cinquantina di metri dalla grande casa colonica della famiglia. Nelle sere d’inverno i Bruni, sette fratelli maschi, invece di raccogliersi nella grande cucina andavano a sedersi sugli scomodi sgabelli da mungitura nella stalla, dove le bestie riscaldavano l’aria con il loro fiato e le storie antiche scorrevano via insieme a grosse sorsate di vino nuovo. Callisto, il vecchio padre, riusciva raramente a seguire i suoi figli, così come le donne di casa. C’era invece tutti gli inverni qualcuno di passaggio a cui i Bruni offrivano generosamente un riparo e un piatto di minestra in cambio di storie affascinanti provenienti da paesi lontani. Si trattava sempre di vecchi reietti o pellegrini, contadini senza terra o vagabondi. Nell’inverno del 1914, quando inizia questa storia, nella stalla dei Bruni c’è un ombrellaio, un vecchio che in realtà non ha mai riparato un ombrello, ma che sa tutto sulle vecchie leggende di paese, sulla magia dei boschi e le sue superstizioni. È lui, una sera infausta, a interpretare i segni del destino e ad annunciare l’arrivo una grave calamità che si sarebbe abbattuta sulla famiglia.
Ma i Bruni sono giovani e pieni di vita e non lo prendono troppo sul serio. Gaetano è un ragazzone alto e pieno di muscoli, Floti è il più sveglio, il vero perno della famiglia, e poi Armando, Dante, Fredo, Checco e Savino, sono tutti bravissimi nel lavoro dei campi e ognuno è capace di badare a se stesso. Sanno arare e mietere, potare i tralci e lavorare la canapa, curano le bestie e gli alberi, conoscono ogni angolo della loro terra e sanno trarne il meglio per la famiglia e per il padrone. Sono mezzadri. Il padrone, il notaio Barzini di Bologna, pretende ogni stagione la metà del raccolto, ma a loro non è mai mancato niente, nemmeno per i poveri di passaggio.
Fino a che, all’improvviso, tutto precipita. Forse l’ombrellaio aveva ragione, la Grande Guerra è iniziata.
Saranno più di mezzo milione i morti sul fronte italiano. Centinaia di migliaia di ragazzi, il meglio della società, caduti in difesa dei confini della nascente Nazione italiana. Naturalmente anche i giovani Bruni dovranno partire e lasciare la terra alla cura loro donne. Una notte terribile, sul suolo bagnato dal fiume Isonzo, guardando il sangue di quindicimila soldati, Floti penserà con rimpianto alla fatica e all’arsura della terra.
Ma quello sarà solo l’inizio. Questa mite famiglia emiliana, insieme a molte altre famiglie per bene di tutta Italia, dovrà vivere ancora molte altre sciagure: la grande fame del dopoguerra, poi l’instaurarsi di un regime liberticida e poi di nuovo una guerra ancora più atroce e sanguinaria che porterà alla guerra civile e allo scontro tra fratelli.
Dal 1914 al 1949, lungo le tappe di una storia intrisa di sangue, Valerio Massimo Manfredi tratteggia la vicenda di una famiglia moderna adoperando i suoi stilemi classici: l’eroismo e la tragedia. Lo fa con una prosa sciolta e veloce, sapendo cogliere la grande forza dei valori del passato ma sottolineando anche le debolezze di un’umanità forse ancora ingenua e fragile nelle proprie convinzioni. Un grande autore che trasforma, ancora una volta, la storia tramandata in una grande avventura epica.
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