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Si parte con un primo capitolo molto avvincente ed anche ricco di curiosità (vedi vicenda di Molotov) per poi sfiorare la noia per la vacuità degli argomenti trattati.Credo che il libro (visto il titolo che possiede) dovesse essere incentrato su tutta l'Emilia e non solo su Modena e Bologna.Sono brevi e sporadici i punti in cui in cui si parla di Parma,Reggio,ecc.
A dispetto degli altri commenti (che a me a dire il vero sembrano zeppi di pregiudizi: tanto da somigliarsi un po' troppo l'uno all'altro: ah, il potere di poter scrivere da tanti indirizzi di posta elettronica...), a me il libro è sembrato bello. Soprattutto per chi non ha vissuto in prima persona gli anni raccontati dall'autore, è una lettura che consiglio. Aiuta a capire l'Italia che non c'è più, non solo l'Emilia. E poi perché mai il sapere scrivere in maniera scorrevole dovrebbe costituire una colpa per l'autore? E' un libro da leggere, indipendentemente dalle recensioni e dalle presentazioni di cui Berselli beneficia. Luca Mottura
Un "certo" Edomondo Berselli (pagina 78)....totale mancanza di tatto, volgarità sottotraccia, bozzettismo, pettegolezzo malraccontato, luogocomunismo, presupponenza cult, strizzatine d'occhio, mossette, fru fru, nichilismo ben vestito, consonanza di valori effimeri con la normalità emiliana più sfrontata, presa in giro di tutto ciò che non può essere assimilato al "saperla lunga" di sotto casa. Quella gran faina del "mulino" che sa molto bene come funziona il mondo editoriale e politico. Migliaia di parole inutili...Sono pienamente daccordo. Paolo Montevecchi
Recensioni
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Il sottotitolo recita: Terra di comunisti, motori, musica, bel gioco, cucina grassa e italiani di classe. E il libro si snoda fra questi temi condito di aneddoti sempre divertenti, veri, esagerati dalla mano sapiente dell'umorista, o semplicemente verosimili. Leggendario quello della sera in cui il compagno Molotov, pur satollo di lasagne, chiedeva con insistenza di veder le armi (quelle pronte per l'ora X) e venne portato, tra la nebbia e in gran segreto, in vista al magazzino del fidato compagno casaro Jaures Boldrini. I seicentosessanta pezzi del magazzino che Molotov, con abili stratagemmi, vide solo dall'esterno, non erano (ovviamente) arrugginiti ferri insurrezionali, ma pacifiche forme di grana padano stagionato. C'è un compiacimento tutto emiliano nei lunghi elenchi di salumi, nel parlare di Ferrari roboanti e dei cantori indigeni, però Berselli celebra la sua piccola patria da figlio irriverente. Non c'è traccia di stucchevole campanilismo e il filo rosso che conduce la narrazione, più del calcio e dei tortellini, è la rivendicazione orgogliosa della via emiliana al socialismo. Quell'alchimia sociopolitica capace di coniugare benessere ed equità, ricchezza e senso civico, sviluppo economico (privato) e servizi sociali di eccellenza. Un orgoglio che per altro non cela le ombre e i conflitti di una terra diversa dalla favola consociativa di una società da sempre concorde e pacificata dietro le bandiere rosse. Si ricorda lo stillicidio di violenze dell'immediato dopoguerra cui nel 1946 Togliatti aveva dovuto energicamente porre fine con il discorso di Reggio Ceti medi ed Emilia rossa, e che il sodalizio, pur in tempi di benessere acquisito (che certo molto aiuta a convivere serenamente), non è mai stata una conquista stabile e indiscussa: il vulnus bolognese del '77 e la recente ed effimera conquista di Bologna da parte di Guazzaloca lo insegnano. Il racconto, che mai rinuncia al tono faceto, si concede a tratti riflessioni più serie sulla "fatica tremenda (fatta) affinché il social-capitalismo emiliano non sembrasse politicamente eretico". Per l'autore il segreto dei saggi e pragmatici dirigenti locali (sindaci e amministratori di prim'ordine) è stato quello di aver "evitato qualsiasi tentazione di trasportare sul piano politico la propria particolarità. In casa, con la supremazia delle opere, si poteva fare una tranquilla professione socialdemocratica; all'esterno, dove contavano le parole, e a Roma, dove contava la linea della segreteria, si pronunciavano poche ovvietà tardomarxiste…". Una schizofrenia tra prassi e teoria a ben vedere non solo emiliana.
Tiziana Magone
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