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Luglio 1964: il primo governo di centrosinistra, presieduto da Aldo Moro, con la partecipazione diretta dei socialisti, è entrato in crisi e riesce a riformarsi solo dopo estenuanti trattative, che portano alla definizione di un programma molto più moderato, incentrato sulla stabilità monetaria e da cui scompaiono riforme come quella urbanistica, la programmazione economica, l'istituzione delle regioni, e alla formazione di un nuovo governo da cui viene escluso Antonio Giolitti (che nel precedente gabinetto Moro ricopriva l'incarico di ministro del Bilancio, con delega alla programmazione). Maggio 1967: Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari lanciano, dalle colonne dell'"Espresso", una campagna giornalistica contro il generale De Lorenzo, capo di stato maggiore dell'esercito, accusato di aver ordito, tre anni prima (quando era comandante dei carabinieri), un tentativo di colpo di stato, il "piano Solo" (così denominato perché avrebbe visto la partecipazione solo dell'Arma). Il generale è costretto a dimettersi e morirà sei anni dopo, non prima di essere stato eletto deputato nelle file monarchiche (per poi passare in quelle missine) e di aver vinto una causa per diffamazione nei confronti di Jannuzzi e Scalfari (poi assolti in un successivo processo), mentre il suo operato sarà oggetto di indagine da parte di diverse commissioni d'inchiesta (nell'ultima, la commissione parlamentare presieduta dall'onorevole Alessi, importante fu il ruolo dall'allora sottosegretario alla Difesa, Francesco Cossiga, nel decidere i numerosissimi omissis).
Il piano Solo è indubbiamente una delle vicende più intricate della complessa storia dell'Italia repubblicana, anche perché mostra una serie di nodi che puntualmente finiscono per ripresentarsi: i rapporti tra poteri dello stato (politici e militari in primo luogo, ma anche all'interno di ognuno di essi, ai vertici o nelle catene di comando); i metodi, spesso sordidi o poco trasparenti, di conduzione della lotta politica; il ruolo di "corpi separati" che non dovrebbero essere tali, ma che giocano comunque una loro partita; i compiti della stampa e dell'opposizione.
Mimmo Franzinelli ha il merito di aver esaminato con passione questa storia, ricostruendo giorno per giorno la complessa trama degli eventi anche grazie all'uso di un ricco materiale d'archivio (spesso inedito), a partire dalle carte dello stesso generale De Lorenzo, la cui tesi difensiva sostanzialmente condivide, pur non nascondendo i tratti autoritari della sua personalità e il decisivo impulso da lui dato all'attività illegale di dossieraggio quando, nella seconda metà degli anni cinquanta, aveva ricoperto la carica di capo del Sifar, il servizio di informazioni delle forze armate. In quest'ottica, De Lorenzo avrebbe essenzialmente assolto il compito di capro espiatorio per coprire le responsabilità del presidente della Repubblica, Antonio Segni, punta di lancia di uno schieramento che comprendeva buona parte della Democrazia cristiana, la Banca d'Italia (Franzinelli mette in luce la posizione assunta dall'allora governatore Guido Carli) e Confindustria (ma non dell'amministrazione democratica americana) e che vedeva con timore (e, nel caso di Segni, con una buona dose di paranoia, che lo portava a far registrare segretamente tutti i colloqui che si svolgevano al Quirinale) lo sviluppo delle istanze riformatrici contenute nel programma di centrosinistra. Pochi giorni dopo, Segni fu colpito da un ictus durante un tempestoso colloquio con Saragat, che gli rimproverava la posizione assunta durante la crisi di governo: costretto alle dimissioni nel dicembre dello stesso anno, fu lo stesso Saragat a succedergli.
Il piano Solo non sarebbe stato quindi un vero e proprio progetto di colpo di stato (anche perché doveva diventare operativo per garantire l'ordine pubblico nel caso fosse stato formato un governo "tecnico" di emergenza, guidato dal presidente del Senato, Merzagora, peraltro anch'egli spiato dal Sifar), ma, volendo usare le parole dell'autore, "una pistola scarica, che viene nondimeno oliata e accudita, così che alcuni leader politici si sentono sotto tiro". Anche se, in questa interpretazione, l'elemento soggettivo (i timori di alcuni esponenti politici, in particolare Nenni e Moro, che tornerà su queste vicende nel memoriale scritto durante i cinquantacinque giorni del suo sequestro da parte delle Brigate rosse) prevale su quello oggettivo (la possibilità reale di un colpo di stato), nondimeno Franzinelli riconosce che l'esistenza del piano condizionò l'andamento e la conclusione della crisi di governo, oltre che le dinamiche interne ai partiti (e, per quanto riguarda il Psi, anche parte della sua successiva storia): quando qualcuno ti punta una pistola alla testa, non tutti hanno il coraggio (o l'incoscienza) di verificare se è carica o meno.
Giovanni Scirocco
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