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Anno edizione: 1999
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«Rosalia. Rosa e lia. Rosa che ha inebriato, rosa che ha confuso, rosa che ha sventato, rosa che ha roso, il mio cervello s’è mangiato. Rosa che non è rosa, rosa che è datura, gelsomino, balico e viola…Rosa che punto m’ha, ahi!, con la sua spina velenosa in su nel cuore». Vincenzo Consolo è un magistrale narratore. E’ un incisore della parola, è poesia e riflessione di vita che in Retablo – termine spagnolo che indica una grande pala d’altare in forma dittica o trittica e che è caratterizzato una grande complessità di materiali e stili figurativi – viene messa in scena. C’è Fabrizio Clerici che fugge dalle passioni deluse per la donna amata Teresa e un uomo che rinasce, risorge dalle passioni ormai credute abbandonante, Frate Isidoro, che ha messo in gioco tutto per la bella Rosalia.
Un libro bellissimo, oggi purtroppo poco letto. Mi piace la narrazione raffinata e colta! Si dovrebbero ripubblicare tutti gli altri scritti di questo splendido autore!
Fuga e ricerca s'intrecciano in questo romanzo - viaggio di un pittore lombardo nella Sicilia settecentesca degli altari barocchi del Serpotta (che compare anche come personaggio), tra aggressioni dei briganti e strabilianti scoperte archeologiche, destinate a finire sui fondali marini. "Retablo" è un romanzo di non formazione (il protagonista, alla fine, ammetterà di essere rimasto uguale a prima dell'avventura siciliana), raccontato da Consolo con linguaggio colto e popolare spesso, barocco sempre, con grande quantità di elencazioni (basta aprire una pagina a caso: «Lungo quella strada ancora s'aprivano botteghe, caffè, bottiglierie, ove servivano infusi, rombo, cioccolata, sorbetti, neve con gli sciroppi, miele di Xitta.», p. 135), come se la Sicilia, più che un luogo, un'isola, una nazione, fosse una somma di oggetti, una matassa, un retablo.
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