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Chiesa e nazione in Spagna. La dittatura di Primo de Rivera (1923-1930)
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2004
11 maggio 2004
281 p., Brossura
9788840009384

Voce della critica

Considerati quasi come una parentesi, gli anni della dittatura di Primo de Rivera non hanno goduto finora dell'attenzione necessaria da parte degli storici. D'altronde perché dilungarsi in quella sorta di preambolo della ben più significativa e longeva dittatura franchista, quando le travagliate vicende della seconda Repubblica, per non dire della guerra civile, avevano ben altro potenziale per attrarre schiere di studiosi? Anche minore, poi, se possibile, era stato l'interesse per gli aspetti specifici della dittatura, quali, per esempio, i rapporti che essa intrattenne con la gerarchia ecclesiastica e, viceversa, le aspettative che la Chiesa spagnola ripose sul generale andaluso. Poste queste premesse, risulta immediatamente chiaro che non è un modo di dire affermare che il lavoro qui in esame colma una lacuna sul piano degli studi.

Adagio ha frequentato biblioteche, emeroteche e archivi spagnoli. Ha consultato le carte dell'Ambasciata di Spagna presso la Santa sede. Conosce a menadito la letteratura che abbia qualche nesso con gli anni venti spagnoli. Con tutto ciò, sul piano delle fonti, l'apporto decisivo che il lavoro fornisce viene dalle circolari e lettere pastorali emerse dallo spoglio sistematico dei bollettini di quasi due terzi delle diocesi spagnole. La ricerca muove dalla collocazione della Chiesa nel sistema politico che, con il ritorno dei Borbone sul trono, si instaura in Spagna nel 1875; esamina poi le reazioni ecclesiastiche al colpo di stato del settembre 1923; descrive le articolazioni della presenza cattolica nella società; segue l'evoluzione dell'atteggiamento della gerarchia, dal plauso per una dittatura inizialmente considerata provvidenziale alle perplessità che iniziano a insinuarsi tra i vescovi nel momento in cui essa dittatura cerca di istituzionalizzarsi attraverso un'assemblea costituente; mette bene in luce la fedeltà ecclesiastica alla monarchia, come rivela l'enfasi posta nelle celebrazioni dei venticinque anni del regno di Alfonso XIII nel 1927. Centrali e innovative le considerazioni che l'autore svolge sull'apporto cattolico alla costruzione del nazionalismo spagnolo nel periodo e alle liturgie nazionalcattoliche come le commemorazioni della consacrazione della Spagna al Sacro Cuore di Gesù, ai culti mariani, alla ricezione dell'enciclica Quas Primas e all'introduzione della dottrina della regalità sociale di Cristo.

Che cosa emerge dalla ricerca? Anzitutto, che per comprendere in profondità il comportamento della gerarchia ecclesiastica spagnola durante la guerra civile non basta partire dalle politiche laicizzatici della Repubblica, ma proprio dal clericalismo degli anni precedenti. In secondo luogo, che la dittatura di Primo de Rivera è da leggersi, nel contesto della più generale tendenza europea, come esperimento che se certo non può essere omologato al fascismo italiano, neppure può essere letto come mera dittatura militare tutta arcaica e antimoderna. In terzo luogo, che fu proprio la Chiesa a spingere nella direzione di una trasformazione del regime in senso cattolico-totalitario e che le resistenze vennero da altre zone della società. Infine, che la conclusione dell'esperimento dittatoriale non indusse la Chiesa spagnola a dislocarsi in un campo più prossimo alla democrazia, ma a un ripiegamento tattico in vista di occasioni più propizie al raggiungimento dei propri obbiettivi.

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