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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 1983
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Non credo sia possibile riassumere un testo cosi’ profetico e profondo come questo scritto da Simone Weil nel 1934. La pensatrice francese avvia la sua riflessione dalla condizione oggettiva dell’esistenza di differenze fra gli esseri umani, in quanto a forza, intelligenza, astuzia che determina la separazione tra oppressori ed oppressi, poi considera la cieca e illimitata corsa al potere che sottomette entrambi senza via di scampo. Prendendo ad esempio la parabola dell’impero romano, Simone Weil scrive: "La guerra permetteva ai Romani di rapire gli schiavi; il profitto ricavato dal lavoro degli schiavi permetteva di rafforzare l’esercito e l’esercito piu’ forte intraprendeva guerre che gli fornivano un nuovo e piu’ considerevole bottino di schiavi (…). Il potere estendendosi al’ di la’ di cio’ che puo’ controllare genera parassitismo, spreco e disordine (…). Cosi’ l’esercito romano che dapprima aveva arricchito Roma fini’ per mandarla in rovina”. Il giudizio sulla stato di salute della nostra moderna civilta’ e’ drastico: “Sono evidenti l’impotenza e l’angoscia di tutti gli uomini dinanzi alla macchina sociale, diventata una macchina per infrangere i cuori, per schiacciare gli spiriti, una macchina per fabbricare incoscienza, stupidita’, corruzione, ignavia e soprattutto vertigine. La causa di questo doloroso stato di cose e’ molto chiara. Viviamo in un mondo dove nulla e’ a misura dell’uomo”. Di fronte a queste conclusioni ci sarebbe da gettare la penna, invece Simone Weil la impugna con lucidissima padronanza del pensiero e del linguaggio per continuare a dirci di costruire e difendere la nostra liberta’.
Il candore di un'economia semplice stimola l'uomo solo nei suoi bisogni primari, "ogni uomo è necessariamente "libero nei riguardi degli altri uomini perché è in contatto diretto con le condizioni della propria esistenza...è assoggettato al dominio della natura e ne dà un chiaro segno,divinizzandola". Ma con l'avvento del capitalismo e della macchina sociale, la natura perde gradualmente il suo carattere divino gli uomini sono vinti e assoggettati dai suoi simili.Quello che si esprime nelle Riflessioni è un puro pensiero anarchico, di stampo marxista, ma laddove Marx lascia dei vuoti alla risoluzione del problema,la Weil propone una sorta di resistenza attiva attraverso l'etica del pensiero e della dignità "un po' di coraggio intellettuale e di chiaroveggenza è sufficiente per farci percepire il pericolo che il gioco cieco della macchina sociale riduca a quell'eccesso di miseria da cui il progresso tecnico l'aveva un poco tirata fuori",per combattere "quanto contribuisce a umiliare gli altri",la massima evangelica "tratta il tuo prossimo come te stesso" è intramontabile.La libertà è la risultante di un rapporto equilibrato tra natura e uomo sulla base dell'azione, da cui scaturisce la vita,ovvero il lavoro coscientemente concepito.I lavori differiscono tra loro, l'artigiano occupa un posto di rilievo con la sua abilità manuale,ma anche l'operaio qualificato assomiglia ad un "lavoratore perfetto".In un contesto così eterogeneo l'immagine di una "collettività libera"appare utopistica",soprattutto laddove regna asservimento del pensiero e dello spirito,ma è necessario ricordare che la "società meno cattiva è quella in cui la maggior parte degli uomini è obbligata a pensare mentre agisce".
La prosa è molto scorrevole e lucida. Le riflessioni della Weil vanno contestualizzate nel periodo di stesura dell'opera, ma offrono tutt'oggi ancora degli spunti di modernità. Consiglio la lettura.
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