Maigret e il caso Nahour

Un Simenon poco brillante produce un Maigret scontato, in una inchiesta tra le più piatte lette fin qui. Personaggi appena abbozzati, un intreccio che non appassiona e una Parigi sullo sfondo senza anima, senza quell'atmosfera che ha reso famoso Simenon romanziere. Se proprio vogliamo fare una classifica al contrario, questo Maigret finisce senza ombra di dubbio agli ultimi posti.

È un Maigret insolitamente lacerato dai dubbi sulla sua condotta quello che abita questa indagine. Infatti il commissario, in una gelida notte di gennaio, si ritroverà catapultato, da una telefonata del suo amico Pardon, dentro un caso d'omicidio che ha avuto luogo nella lussuosa abitazione del giocatore d'azzardo Felix Nahour. L'ambiguità dei personaggi che ruotano attorno alla vittima pesa sul commissario come una cappa, e solo il suo fiuto e la sua esperienza della complessità umana gli permetteranno di non fidarsi delle apparenze, e di scoprire le brucianti umiliazioni e l'odio vigoroso e pulsante che sono il motore dell'omicidio. Un caso estremamente affascinante, in cui lo scaltro colpevole riesce fino all'ultimo a consumare la sua fredda vendetta.

Se l'ha scritto Simenon lo ha fatto per scadenze contrattuali con l'editore; trama irrisolta con finale "sospeso", un po' alla moda francese dei primi anni '60 soprattutto nel cinema, personaggi che restano nel vago e soprattutto non si riesce a respirare la classica atmosfera che è un po' il cavallo di battaglia di Simenon; in tempi migliori con questa Parigi sotto la neve ed al gelo ci sarebbe andato a nozze. Credo il peggiore tra i romanzi di Maigret sin qui letti (68 su 75)guai se avessi iniziato con questo, comunque credo che chi li ha iniziati li leggerà tutti ed anche questo fa parte della storia.