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Astrazione e silenzio nel cinema d'autore. Dal linguaggio letterario al linguaggio filmico: le valenze semantiche del non-detto - Giuseppe Melizzi - copertina
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Astrazione e silenzio nel cinema d'autore. Dal linguaggio letterario al linguaggio filmico: le valenze semantiche del non-detto
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Astrazione e silenzio nel cinema d'autore. Dal linguaggio letterario al linguaggio filmico: le valenze semantiche del non-detto - Giuseppe Melizzi - copertina

Descrizione


"Il silenzio - come sostiene il regista Roberto Faenza - viene valorizzato in questo libro in quanto "oggetto" rappresentativo del pensiero, negazione del segno linguistico che si sostituisce e interrompe la parola. Ed è così che le pause diventano un vero e proprio tracciato discorsivo, più e meglio della parola. Silenzio, pertanto, come rifiuto dell'omologazione culturale, traccia di "senso", "scarto" tra voce e assenza di voce, filiera discorsiva, sorta di "presenza" tra le parole, tra le immagini e "nelle" immagini. Ovvero come esigenza del pensiero, dell'intelligenza, della dignità. In definitiva, della ragione". Giuseppe Melizzi ha delineato una sapiente indagine della struttura di tre film: "Il silenzio del mare" di Melville, "Marianna Ucrìa" di Faenza e "II Vangelo secondo Matteo" di Pasolini. Un originale studio sul linguaggio filmico che rivela e scopre le numerose e inesplorate valenze semantiche delle tre opere in esame. Prefazione di Roberto Faenza.
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Dettagli

2012
13 giugno 2012
127 p., Brossura
9788897508267

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ilaria
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Quello di Melizzi risulta un testo molto interessante, in particolar modo per chi è appassionato di cinema ed un attento osservatore. È, inoltre, molto scorrevole e stimolante poiché spiega vari aspetti dell’impostazione delle storie raccontate nei tre film. Durante la lettura del libro il lettore riesce a cogliere in modo approfondito l’utilità del silenzio che, paradossalmente, scopre essere la modalità più profonda con la quale comunicare. Come lo definisce l’autore stesso, questo elemento viene studiato come un vero e proprio ‘oggetto’ ma mi sento in disaccordo con la sua descrizione. A mio parere, infatti, più che ‘oggetto’, il silenzio arriva addirittura a ricoprire il ruolo di ‘soggetto’ poiché rende maggiormente le relazioni tra i personaggi e i loro sentimenti più nascosti. Infatti, proprio come asserisce Moravia, un amico di Pasolini, “I silenzi sono la forza del film e le parole la debolezza”.

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