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Lorenza Ghinelli, giovane e apprezzatissima penna thriller-horror, stavolta si cimenta con un romanzo YA. La scrittura si adatta, si fa in qualche modo più asciutta, ma proprio per questo le zampate magistrali dell'autrice bruciano forse ancora più del solito. Non voglio svelare troppo, dico soltanto che ho divorato il libro, conquistata soprattutto dalla sua forza emotiva
Recensioni
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Sarà questa casa incastonata su una quercia e più vicina alle stelle, sarà questo vento di giugno, o magari la rabbia, o magari gli ormoni. Sarà che qui siamo al riparo da tutto. Sarà che ho capito che le magie non capitano, ma vanno cercate, sarà che le pazzie a volte sono necessarie, come gli sbagli, come le brutte figure. Sarà per tutto questo, immagino. Ma non vorrei essere in nessun altro posto al mondo.
A Michele sembra un giorno come tanti. Si sveglia, sgranocchia qualcosa, va a scuola, lancia qualche occhiata a Vera, la ragazza che gli piace ma che ovviamente non gli ha mai rivolto la parola, e poi va alla lezione di judo. Ma quando il suo maestro non arriva, il ragazzo torna a casa, prima del previsto. Non è pronto per quello che trova, e forse non lo sarebbe stato mai. Perché non c’è niente che ti possa preparare alla vista di tuo padre, nel vostro salotto, sul vostro divano, con addosso una delle sue studentesse.
È come una bomba che gli esplode dentro, come uno tsunami che travolge tutte le sue certezze e lo costringe a rivedere tutti gli aspetti della sua vita e della sua famiglia che aveva sempre dato per scontati e non aveva mai messo in dubbio. Da quel momento, i suoi genitori scendono dal piedistallo, perdono quell’aura di intoccabilità di cui sono sempre stati ammantati e diventano persone, con i loro pregi e i loro difetti, le loro debolezze e la loro storia. Per la prima volta, Michele apre gli occhi, e si rende conto che le fondamenta su cui si regge la sua famiglia sono instabili da tempo, che se la mamma e il papà stanno insieme è solo per abitudine, che in casa sua è tutto una finzione.
Solo nonno Dino è incolume. È malato di Alzheimer da tempo e vive lontanissimo, in un regno tutto suo fatto di ricordi e di epoche sepolte. Eppure a Michele sembra la persona più normale, l’unico con il quale riesca a sentire ancora un legame, uno di quelli più stabili e profondi. Per i suoi genitori invece è diventato solo un peso. Per questo quando decidono di ricominciare una nuova vita in America, convinti che basti questo per salvare un matrimonio traballante, nonno Dino non potrà andare con loro. Per lui c’è solo un posto: una casa di riposo per anziani.
Per Michele è una cosa inaccettabile. Sa che se per i suoi genitori il nonno potrebbe anche non esistere è solo perché non riescono a capirlo. E se finora ha sempre cercato di mantenersi calmo e razionale, adesso la rabbia prende il sopravvento, portandolo a disobbedire e a commettere una pazzia, uno di quegli atti rivoluzionari possibili solo durante l’adolescenza. Forse quello che deve fare è spingersi talmente oltre da toccare il fondo. Ma non dovrà sopportare tutto da solo. Perché ora Vera sembra averlo notato: sono stati il dolore e la rabbia che ha visto nel cuore di Michele ad attrarla. Quel ragazzo sempre così perfetto e impeccabile non aveva nulla da dirle, prima, ma ora in comune hanno moltissimo. E sarà solo riconoscendo la sofferenza, accettandola e condividendola che i due ragazzi potranno lasciarsi l’infanzia alle spalle e fare il primo passo verso l’età adulta.
Il rapporto che Lorenza Ghinelli instaura con i suoi lettori è bellissimo. Con loro è sincera e diretta, perché sa perfettamente che i ragazzi sono esigenti e non vogliono essere presi in giro. Per questo chiama le cose con il loro nome, senza nascondere nulla e senza mitigare gli aspetti meno piacevoli. In fondo, il dolore è un elemento imprescindibile per la crescita, perché è proprio il dolore che ci apre gli occhi, che ci offre un’opportunità di riscatto e che ci dà la possibilità di costruirci un futuro più luminoso. E non importa quanta sofferenza proviamo e quanto a fondo dovremo cadere prima di rialzarci. Quello che conta è la strada che facciamo per venirne fuori, più maturi e più forti di prima.
Recensione di Mauro Ciusani
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