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Anno edizione: 2023
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La forma dialogica è un elemento di sfida verso il lettore, chiamato a seguire dissertazioni che spaziano dalla matematica alla fisica quantistica, dalla filosofia (Kant e Wittgenstein i riferimenti più celebri) alla musica (l’eterno Bach, ma anche l’anonimo primo costruttore di un violino). Alicia è un personaggio ammaliante, indifferente a ogni esigenza di realismo. La sua mente affilata affronta i limiti della conoscenza, partendo da un soggettivismo che alla fine lascia campo al dubbio, rivalutando forme di platonismo matematico. La ricostruzione del rapporto col fratello, dopo le reticenze iniziali, porta al lato più ‘umano’ del confronto, a quell’amore potenzialmente salvifico, ma sempre ostacolato e negato per lo stigma sociale dell’incesto. Alicia teorizza una dissoluzione senza lasciare tracce (un corpo offerto in eucarestia agli animali), ma dalla prima pagina del ‘Passeggero’ sappiamo che lascerà un segno rosso ben visibile, forse un ultimo tentativo di essere riconosciuta come parte di quella comunità da cui invece si è sempre sentita esclusa. Per altro, dopo tante parole, la chiusura è affidata alla richiesta di un contatto fisico, una mano da stringere.
Un delirio filosofico e matematico, a volte spicciolo e a volte ridondante. La morte, la memoria, il suicidio e la solitudine come mai affrontate prima d'ora. Un gradino sotto al precedente solo perché lo ho trovato meno perfetto, meno essenziale, sebbene presenti dei dialoghi a volte stupendi, affilati come lame.
Ultimo romanzo di McCarthy, avvolto da una specie di aura mistica. Un'opera concepita nel crogiolo intellettuale del Santa Fe Institute, il santuario di McCarthy che ha scritto e passato tempo insieme a think-tank, conferenze, pensatori, accademici di ogni tipo). Ciò che aggiunge un ulteriore livello di mito a Stella Maris è l'allontanamento di McCarthy dai suoi noti protagonisti maschili. In Alicia, la protagonista ex bambina prodigio diventata matematica anticonformista, McCarthy cerca di navigare il difficile terreno dell'empatia tra i sessi. Alicia è francamente un personaggio assurdo (certamente di proposito, ma assurdo resta). Lei è sinestetica, schizofrenica, autistica, anoressica e profondamente nichilista. Genio della matematica, violinista...mancava solo atleta olimpica. La sua voce domina la narrazione. La trama si svolge infatti attraverso la lente delle sessioni terapeutiche di Alicia, dove le sue eccentricità e le sue difficoltà vengono in primo piano. La sottotrama che coinvolge il fratello aggiunge uno strato di disagio, che ricorda i primi lavori di McCarthy. Sarebbe stata la parte più interessante, ma è chiaro che a McCarthy non interessava più scrivere romanzi in senso tradizionale, anche secondo i suoi standard. Stella Maris vuole essere una toccante esplorazione del nichilismo, delle complessità della psiche umana, ma nonostante la profondità intellettuale il romanzo è come schiacciato dalla propria intelligenza. Le discussioni e le grandi questioni filosofico-matematiche sono ben sintetizzate e messe in forma di dialogo, ma prontamente buttate via e abbandonate. Alicia, mi è sembrata infine più un veicolo per le idee di McCarthy che un individuo pienamente realizzato. La dichiarazione nichilista secondo cui "il mondo non ha creato alcun essere vivente che non intenda distruggere" racchiude la filosofia distintiva di McCarthy per me ora appare come non solo familiare ma anche banale.
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