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Non conoscevo Rosaria Tenore, nè il suo libro, ma quando la prof. Anna Maria Pantaloni mi ha offerto l’occasione di leggerlo, ne sono rimasta subito affascinata. Cercherò di dirvi perché questo libro mi è piaciuto. Le ragioni sono molte. In primo luogo mi colpisce la struttura del libro, apparentemente semplice, ma in realtà frutto di un’attenta orditura formale, di un’abile costruzione dell’impianto narrativo. C’è un io narrante che non coincide con la protagonista. La voce narrante è quella di Ninetta, la figlia ormai settantenne della protagonista che ricorda, con il ritmo scucito della memoria, le vicende della madre e di tutta la famiglia Spada, muovendosi abilmente attraverso le situazioni, le emozioni, e soprattutto attraverso il tempo, che alterna magicamente tra l’oggi, il passato recente e quello più lontano. Rosaria Tenore tocca così i nodi cruciali della vita politica e sociale dei primi 50 anni del ‘900, ma lo fa da narratrice, evocandoli attraverso la scrittura, affondando il bisturi in una regione tipica, ma con una valenza che rende il racconto emblematico di una condizione non solo regionale. Ed ecco la cosa che mi ha colpito di più: la lingua, calibratissima nella sua realistica cadenza. Rosaria Tenore crea un originale impasto linguistico in cui si sente la lezione di Verga, ma anche dello sperimentalismo linguistico che va da Gadda a Pasolini a Mastronardi.
Mariateresa Di Lascia lo aveva fatto con la Lucania ; Rosaria Tenore sposta il suo sguardo più a nordest, descrivendoci la saga di un paio di generazioni di due famiglie : i Pescaore e gli Spada, e di vita a Terravecchia, ovverosia il centro storico di un centro urbano in terra di Daunia, a sud di Foggia, nelle Puglie. Presumibilmente, il topos corrisponde a Cerignola, non foss’altro perché il paese è indicato come la città natale del benemerito sindacalista Cgil Giuseppe Di Vittorio. Ma l’io narrante preferisce mantenere il riserbo, e sciorinare una narrazione commovente ed elegiaca, drammatica e vivida. Avvincente come la calura estiva che non dà tregua né allora né oggi, in terra di Puglia. Il racconto avrebbe infatti ben potuto essere ambientato nel barese, nell’Alto o Basso Salento : sia la sovrastruttura, sia i rapporti di produzione, sia il conseguente articolato sociale, sarebbero stati perfettamente sovrapponibili. Giovanni Verga ha le sue eredi più vere, sia nella compianta Mariateresa, sia in Rosaria.
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