Questo corposo volume che presenta una nuova edizione dell'opera più impegnativa e ostica di Leopardi deve essere considerato come un vero evento editoriale, in quanto la composizione dello Zibaldone (per giustapposizione di parti e per sequenza di riflessioni sulle passioni, le qualità umane, le arti, la letteratura e la memoria autobiografica) viene qui ripensata a partire dalle indicazioni dello stesso autore. Il passaggio da raccolta di frammenti a sistema è stato reso possibile, come spiega Antonio Prete nel suo Preludio e poi Fabiana Cacciapuoti in un interessante saggio introduttivo, dallo studio severo del corpus dell'opera: un manoscritto immenso di 4526 pagine, più un lemmario di 555 schedine, più 38 schede (le cosiddette "polizzine richiamate"), più tre indici, più sette schede di più ampio formato (le "polizzine non richiamate"), ciascuna delle quali dedicate a un percorso tematico. L'insieme delle carte che compongono l'opera offrono più di un indizio all'ipotesi che l'autore pensasse allo Zibaldone come a una sorta di macchina con un alto grado di componibilità e ampie possibilità di consultazione e di ricerca. La selva fitta di una riflessione serrata e febbrile (in cui si avvicendano il frammento teorico, la nota al margine dei testi antichi, gli aforismi, le forme dell'affabulazione, le pagine di un diario, le meditazioni sul potere e i costumi, le indagini sulle lingue, sulla traduzione, sulla trasmissione) doveva apparire impenetrabile all'autore stesso. Leopardi decise allora di assumere (attraverso le indicazioni delle "polizzine") il ruolo di guida nella lettura della sua opera, perché i pensieri si potessero richiamare, corrispondere e aggregare, come spiega efficacemente Antonio Prete: "La guida vorrebbe insomma avvertire che il cammino si svolge all'aperto, e ci sono, prima e dopo il singolo passaggio, lontananze e riflessi che possono attrarre lo sguardo dell'osservatore". Viene spontaneo, di fronte al risultato sorprendente raggiunto da questa nuova edizione, ripensare alla linea interpretativa che ha visto nell'opera di Leopardi un "brogliaccio" al servizio dell'opera poetica, una sorta di journal intime, mentre rimane valida la felice definizione di Solmi di "pensiero in movimento", laddove il movimento venga pensato nella direzione di una sua precisa organizzazione concettuale del tutto opposta al caos apparente. Tale impostazione del tutto nuova, che tiene conto delle indicazioni delle polizzine seguendo un percorso tematico (che prevede anche dei richiami lemmatici a margine) consente al lettore una lettura multipla in cui si possono seguire tutti i possibili intrecci fra le parti. Inutile indicare la modernità dell'idea di Leopardi che non può non far pensare alla nostra navigazione moderna attraverso link e siti della rete. Così, sotto il titolo Trattato delle passioni possiamo ritrovare, in un ordine mobile e sempre provvisorio, le riflessioni del Leopardi moralista, mentre nel Manuale di filosofia pratica vediamo raccolti i pensieri rivolti alla cura di un sé assediato dal senso del tragico e della finitudine. La sezione Della natura degli uomini e delle cose raccoglie passaggi e frammenti sul mondo naturale e il suo rapporto con la vita umana, mentre le due grandi schede che rinviano ai frammenti relativi a una Teorica delle arti e delle lettere, dispiegano in pagine straordinarie una sorta di antropologia della bellezza. L'opera si chiude con la sezione Memorie della mia vita: non un diario autobiografico ma una continua interrogazione sull'esistenza, la vanitas, il tempo e le fantasmagorie del nulla. Insuperabili le pagine sulla "ricordanza", che poggia sull'esperienza della fanciullezza e che è concepito come ritorno, con un legame stretto con il meccanismo (che sarà poi studiato da Freud) della ripetizione. Monica Bardi
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