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Con una scrittura che mescola ironia e commozione Mario Fortunato giostra i destini dei suoi personaggi, cucendoli in un arazzo personalissimo, che è il racconto di una grande città e un involontario autoritratto.
«"Le voci di Berlino" è un fascinoso, elegantissimo congegno di ascolto del tempo, un romanzo-saggio in cui fortunato, disegnando la mappa sentimentale della capitale tedesca, compone un libro sulla giovinezza» – Andrea Bajani, la Repubblica
Christopher Isherwood amava raccontare che a fine anni venti del secolo scorso, alla vigilia di una grande crisi economica, si precipitò a Berlino, "il luogo più vizioso dai tempi di Sodoma". Sessant'anni dopo e con le stesse motivazioni, il narratore di questo libro, allora giovane come Isherwood, si mette sulla sua scia e una sera giunge nella capitale divisa in due. Da qui ha inizio Le voci di Berlino, narrazione corale di una città dove la letteratura, a furia di inseguire la realtà, la raggiunge e vi si fonde. La storia di una metropoli è un romanzo sotto mentite spoglie. Se poi la città è stata il cuore di una monarchia, di una repubblica, di due dittature, e infine è diventata il centro politico dell'Europa odierna, il romanzo rischia di trasformarsi in una categoria dello spirito. È appunto in questa chiave che il libro spazia dalla Berlino sfrontata di Isherwood a quella degli albori del nazismo; dalla città distrutta dopo la fine del Terzo Reich alle storie che precedono e seguono la costruzione e la caduta del Muro – per concludersi ai nostri tempi.
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