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Esemplare. Commovente. Splendido. La narrativa di Sherwood Anderson è come un fiume che corre. Placido e impetuoso. Con una sua indimenticabile voce.
Che dire, in questo momento ho gli occhi lucidi... Grazie di tutto! Grazie di essere esistito immenso Sherwood! Se non fosse stato per quel maledetto stuzzicandenti, chissà quante molte altre perle ci avresti donato. Autore troppo ignorato, è lo stesso per molti altri grandi come Saroyan.
E' uno dei racconti più belli che mi sia mai capitato di leggere. Il libro ha un che di magico, anche se il tema affrontato dall'Autore impone, a noi che leggiamo, di riflettere sulle miserie e le tirannie di questo mondo. La storia dell'Autore è quella di tutti noi, è la storia del difficile ed irrisolto rapporto tra libertà, successo, danaro. Senza ipocrisie. Un libro da tenere sopra il comodino, a portata di mano. Un inno alla libertà, che viene dal cuore. Credetemi: leggetelo.
Recensioni
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scheda di Concilio, C., L'Indice 1992, n. 8
C'è una dimora di campagna, "bella come una poesia" - dirà l'autore -, sempre rischiarata dalla luna piena, proprio come l'ha ritratta in copertina Gabriella Giandelli, bravissima nel cogliere l'atmosfera del libro, e c'è un torrente lì nei pressi che "parla" e popola di voci le lunghe notti insonni di Sherwood Anderson. E da questo notturno mormorio d'acqua corrente scaturisce la scrittura; ha origine un flusso di pensieri che trasformerà questo breve racconto autobiografico in un vero e proprio "J'accuse". Senza reticenza alcuna, Anderson, maestro presto dimenticato dai suoi allievi ed emuli, peraltro annoverati tra i migliori narratori degli anni venti - da Miller a Fitzgerald, Faulkner e Hemingway - rivolge un'amara accusa all'establishment americano e alla sua politica culturale. La polemica riguarda per primi gli editori, unicamente interessati alla "vendibilità" dell'opera d'arte e al suo valore monetario prima che letterario: ma coinvolge anche quegli scrittori che si sono "prostituiti" al cinema hollywoodiano attratti da facili guadagni, accettando così di "svendere la raffigurazione della vita umana". Nel tumulto di queste riflessioni e coerentemente con la sua adesione al comunismo, Anderson spera ancora se non nel " rovesciamento del capitalismo" almeno nella possibilità di evitare il "contagio" di quella che considera una "malattia": "il mito del successo"; quel "vicolo cieco" al cui fascinoso richiamo molti scrittori non hanno saputo resistere. Dal canto suo, Anderson, avvolto nel riverbero lunare, complici le voci del torrente, preferisce affidare le pagine del suo manoscritto alle fiamme, piuttosto che sacrificarle a quel denaro che pure avrebbe potuto salvare un esiguo conto in banca.
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