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In un momento cruciale della vita russa, il 1985, un artista-critico d’arte inizia a fare i conti con il proprio passato. Una catena di avvenimenti fanno affiorare tra la memoria ed il sogno ciò che è stata la sua vita, le sue scelte, i suoi amori, la sua arte. E’ un libro intriso della cultura russa. Vi si possono trovare echi di Gogol e Bulgakov, vi si trova il dilemma di cosa sia stata l'arte sovietica e di come si sia rapportata con l'arte occidentale. Un ottimo libro che sa donare grandi emozioni.
Il romanzo tratta le vicissitudini di un critico d'arte e pittore mancato che si piega ai dettami del realismo socialista in cambio di una vita di agi: ma la sua storia non è in grado di interessare neanche "gli addetti ai lavori", tanto modeste e limitate sono le conoscenze dei percorsi dell'arte moderna contemporanea a cui il protagonista sembra voler ritornare. Il contenuto del libro avrebbe potuto essere compreso in meno di 1/3 delle pagine, e pare ispirarsi piuttosto all'autobiografia formativa della giovane scrittrice russa emigrata in America. Lo stile è lento e zeppo di descrizioni inutili: nulla del paesaggio urbano e sociale della Russia sovietica risulta godibile. L'unico personaggio interessante, l'ebreo Lev Belkin, non sembra vivere le contraddizioni del suo essere tale in Russia : gli è solo attribuita una intelligenza e una sensibilità superiori a quelle degli altri "personaggi".
Un romanzo sulla vita com'è e come sarebbe potuta essere. Quasi una fiaba che in alcuni brani ricorda il Bulgakov di "Il maestro e Margherita". Un romanzo che tra presente e ricordi passati percorre un secolo di storia russa. A me è piaciuto moltissimo.Racconta in modo magistrale le angosce di un uomo alla soglia della vecchiaia, obbligato a fare i conti con il suo passato e a giudicare una scelta che ha rappresentato, nel bene e nel male, un bivio fondamentale della prpria vita.
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