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Anno edizione: 2003
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Il libro si giova di un espediente intelligente ma truffaldino: l'autore usa un personaggio dentro il racconto di una conferenza per esporre le proprie idee sul rapporto uomo-animale. Se ciò può esaltare gli appassionati di metanarrazione, con tanti piani che si sovrappongono e intrecciano; è meno funzionale per chi si interessa di diritti animali: gli argomenti della protagonista sono spesso fuori fuoco, a volte banali, e trovano profondità solo nei vortici ellittici creati dai meccanismi narrativi. Ho preferito alcuni dei commenti in fondo al libro, in particolare quello di Peter Singer.
Italian Book Challenge 2016 - 33) Un libro scritto da un autore africano: In queste brillanti conferenze in forma di racconto, l’eccentrica Ms. Costello interviene sui diritti degli animali, su come oggi li trattiamo, sollevando tematiche e riflessioni interessanti, che vengono poi sviscerate meglio dai preziosi contributi specialistici di Garber, Singer, Doniger e Smuts.
Recensioni
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recensioni di Rognoni, F. L'Indice del 2000, n. 11
Se per un saggista, un critico, esprimersi in forma "narrativa" ha sempre un po' dello sfizioso (e il più delle volte i risultati sono imbarazzanti), il discorso è ben diverso quando l'autore in questione, pur avendo al suo attivo anche alcuni libri di saggi, è in primis un romanziere. E un romanziere del calibro di J. M. Coetzee. Allora la scelta del "racconto" assume un significato ben diverso, per niente frivolo - anzi, diventa un gesto di rispetto e quasi d'umiltà: tanto più perché l'occasione accademica rischia comunque di comprometterne la dignità estetica, e l'imbarazzo non è affatto escluso. E infatti - diciamolo - le due conferenze che compongono il nucleo della Vita degli animali non sono neanche lontanamente all'altezza del magnifico Vergogna, romanzo anch'esso del '99, che oltretutto affronta tematiche piuttosto affini, e si muove (in parte) nel piccolo mondo universitario.
Invitato a tenere le Tanner Lectures all'Università di Princeton (1997-98), Coetzee decide di trattare il suo argomento - la crudeltà umana nei confronti degli animali - in forma non tradizionalmente espositiva, bensì di mini campus novel o, meglio, dialogo platonico in due puntate. Ne risulta una conferenza nella conferenza, che l'anziana e sofferta Elizabeth Costello, scrittrice australiana di fama, tiene al pubblico ristretto di un'università americana, la stessa dove (ma è un caso) insegna fisica il suo scialbo figliolo. Così il tema può riverberare fuori dall'aula, intrecciandosi ai rituali accademici, e agli affetti e alle tensioni familiari: offendendo il poeta in residence, un ebreo che non accetta l'analogia Olocausto-macello ("Se gli ebrei sono stati trattati alla stregua delle bestie, non ne consegue che le bestie vengono trattate come gli ebrei. L'inversione insulta la memoria dei morti"), stuzzicando la curiosità un po' audace dell'elegante moglie del rettore, soprattutto irritando Norma, la "normalissima" nuora.
Ognuno dice e contraddice la sua. E l'effetto polifonico è moltiplicato dalle riflessioni che seguono agli interventi di Coetzee: di una critica letteraria (Marjorie Garber), del maggior filosofo animalista (Peter Singer, che pure trova la Costello troppo intransigente), di Wendy Doniger, la storica delle religioni ("per la maggior parte delle mitologie gli animali, anziché gli umani, sono immagine di dio, e appunto questa può essere una ragione per mangiarli"), e dell'etologa Barbara Smuts, che finalmente sposta il discorso sui "rapporti concreti con gli animali". Ne risulta un libro dalle mille tesi, forse davvero un "saggio" nella forma purissima e arruffata di Montaigne - non a caso citato, più che a proposito, da Elizabeth ("crediamo di giocare con il gatto, ma come facciamo a sapere che non è il gatto a giocare con noi? Mi piacerebbe pensare che gli animali nei nostri laboratori stiano giocando con noi. Ma, ahimè, non è così").
E tuttavia il libro è attraversato da una crepa non da poco. Sacrificando il bello al vero, cioè il personaggio all'idea, Coetzee rende improbabile proprio quell'empatia (fra lettore e personaggio) cui la Costello si appella quando invita il suo pubblico a esercitare la facoltà poetica, e "morale" per eccellenza: l'immaginazione, che ci permetterebbe "di entrare col pensiero nell'essere di un altro" (della vittima, dell'animale) - ma qui resta un concetto puramente astratto. Forse il conte philosophique è forma troppo stenografica per dare a un personaggio il tempo di crearsi, poi all'empatia di scattare: cosicché infine la ragione (Cartesio è l'unica bestia nera del libro...) esce bastonata sì, ma quasi solo dalle ragioni dell'immaginazione.
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