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Non l'ho letto ancora, purtroppo, e quindi non ho il diritto di recensire, ovvio; ma il tema è affascinante. Comunque : " Quando finisce una guerra le menzogne dei vinti vengono smascherate, quelle dei vincitori diventano storia."
Finalmente sono riuscito a leggere questo libro, cosa che attendevo con ansia. Come scritto nel precedente commento, quando però non era ancora riuscito ad esaminarlo con attenzione, ciò che mi aveva colpito di più, era il titolo "I Vinti che avevano ragione" e la copertina con la fotografia di Aleksandr Kerenskij, già ministro nei Governi Provvisori della Russia postzarista e poi, per brevissimo periodo, primo presidente della Repubblica (democratica)Russa, il classico "vinto" che risultò aver piena ragione. Consiglio, dunque, chiunque si occupi di storia in generale e del XX secolo in particolare, di leggere questo testo con la dovuta attenzione. Esso coinvolge sia una concezione filosofica della storia (possono i "vinti" aver avuto ragione, se furono "vinti" ?), sia una concezione storiografica in senso stretto (possono i "vinti" avere una loro storia, una loro versione dei fatti ?). Sono due punti di vista, di merito e di metodo, essenziali, in quanto, se si fonda la storia sul successo, il "vinto" non potrebbe mai avere ragione. Ma allora, questa non sarebbe storia dell'uomo, ma lo svolgersi della legge della giungla: solo i vincitori possono avere ragione. Ma, il vincitore, fin quando "vince" e, dunque, ha ragione ? Potrebbe esserci una ragione che dura finché si vince, e non si ha più quando si perde ? E' in fondo un tema alla Michelstaedter, studente goriziano di filosofia e morto giovanissimo suicida alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Può essere metodologicamente valido il criterio di Brenno "Guai ai Vinti" ? E se poi i "Vinti" riescono a vincere? E se il loro fallimento dura nel loro tempo, ma poi diventa successo decenni o secoli dopo ? Questo è il "po' po'" di argomento che Risoluti affronta, e già solo per questo merita elogio ed attenzione, anche per l'originalità, seppure non assoluta, del tema. Siccome il discorso è lungo, riguardo poi al suo libro in modo specifico, spezzetterò il tema in più interventi.
La mia propriamente non è una vera e propria recensione. Ho visto oggi il libro di sfuggita, ma mi hanno colpito due cose che mi interessano molto, da decenni ormai: il personaggio di Alexandr Fedorovich Kerenskij rappresentato in fotografia, e il titolo "I vinti che avevano ragione". Non sono riuscito a consultare il resto per ragioni di tempo, ma questi due elementi mi fanno bene sperare in una rivalutazione di quei grandi personaggi storici, mal compresi al loro tempo e anche per decenni dopo la loro morte, ma che oggi si devono rivedere completamente alla luce non solo del fallimento dell'URSS, ma anche del fallimento del mondo capitalistico. Solo forme di socialismo demcratico (o democrazia sociale), istituzionalmente e politicamente avanzate, possono riavviare l'umanità sulla giusta strada. Kerenskij, come molti altri individui oggi quasi completamente dimenticati, aveva proposto soluzioni alternative di questo tipo. Furono sconfitti, è vero, anche a causa di una situazione complessa come la Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione Russa: ma a lungo termine hanno, malgrado l'ingratitudine e la superficialità umane, vinto e confermato l'esigenza del riscatto democratico e sociale.
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