Questo volume ha per oggetto il ri-disegno su base cronologica delle ville progettate da Ludwig Mies van der Rohe (Aquisgrana, 1886 - Chicago, 1969). Secondo una linea ormai consolidata, sia nella critica sia nell’opinione comune, il nucleo problematico dell’opera miesiana risiede specificamente nell’abitare. Il ri-disegno critico-analitico di questi edifici, alla stessa scala (1:400) e secondo le medesime condizioni grafiche, vuole manifestare così il proprio carattere di “costruzione logica” e dunque di replicabilità di un processo progettuale. Da questo punto di vista, l’architettura delle ville dell’architetto tedesco è esemplare: un unico principio spaziale, associato alla forma della vita domestica, viene messo in opera attraverso l’iterazione di elementi architettonici coincidenti con quelli della costruzione (pilastri, setti, muri liberi, pareti vetrate, pavimenti e solai) e sperimentato attraverso la produzione di un gran numero di variazioni di questo tema. Come afferma acutamente Dietrich Neumann nella Prefazione, attraverso il ri-disegno gli autori «dimostrano con sicurezza che gli strumenti dell’architetto possono rivelare intuizioni diverse rispetto a quelli dell’archivista o dello storico». Mettere in sequenza le tappe di una fra le più straordinarie esperienze artistiche del Novecento significa non solo creare una tassonomia miesiana, ma anche disvelare le linee di continuità e quelle di faglia di una ricerca paziente fino al limite dell’ossessione, e soprattutto mettere in luce alcune tecniche compositive, a essa sottese, che sondano e incrociano princìpi antichissimi (assialità, proporzioni auree, rapporti tra pieni e vuoti, tra parti coperte e scoperte dell’edificio) con quelli enunciati dalla “nuova tradizione” del Moderno (slittamenti, smaterializzazione, essenzialità, trasparenze, riflessioni e velature). In definitiva, secondo gli autori, siamo di fronte a una ricerca della relazione tra forma e vita che si sviluppa in una dimensione assolutamente autonoma: per usare le parole di Peter Eisenman, l’opera di Mies van der Rohe «manifesta certamente delle tendenze che si possono descrivere soltanto come interne al lavoro dell’architettura».
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