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Mi‘rāǧ ovvero l’Ascesa del Profeta Muḥammad, durante la Notte dell’Ascensione, Laylat al-Mi‘rāǧ. Evento speculare alla Notte della Potenza, Laylat al-Qadr: che significò invece la previa discesa sulla terra del Corano. Nella storia sacra, la Notte della Potenza fronteggia senza una soluzione di continuità religiosa quella dell’Ascensione, dandole un rilievo più deciso, e integrandola nell’immagine della rivelazione divina. Per il Profeta Muḥammad – nel suo Viaggio notturno – fu un alzarsi in transito attraverso i sette cieli al Trono Divino; seguendo, sopra questa linea melodica che fa da matrice, negli interminati spazi della salita, l’arco ascendente lungo il percorso mistico dei messaggeri, in sella al burāq. E tutto nella storia musulmana finisce poi per rispondere a questa linea. Immerso in un simile sfondo sapienziale infatti figura un altro grande viaggio della tradizione araba, magicamente narrato nella “Conferenza degli uccelli”. Farīd al-Dīn ‘Aṭṭār nell’opera “Manṭiq al-ṭayr” esorta il viaggiatore stupefatto e però acceso di una passione esclusiva (in quella condizione di proclività, scriveva Rūmī, alla “breathless obedience”) a mettere da parte, come prima cosa, l’egoismo per poi, cavalcando il burāq, viaggiare leggero, e come in trasognamento, attraverso il cielo, bere alla coppa del nulla e indossare il mantello simbolo dell’oblio – sarà come mettere il piede nella staffa del vuoto; assenza sarà il cavallo che lo condurrà a ciò che è sospeso nel vuoto ardente di un cielo taciturno. E così, sotto un certo angolo, definendo l’esemplare sentiero della fanā’ (l’annullamento in Dio), introducendo cioè il viaggio di ascesa nella stazione (manzil) detta al-Ḥaqq (la Verità), al confine estremo dell’essere eppure al suo centro, nella gnosi dell’eterna sussistenza nel Reale, Baqq’-bi-Allah, per mezzo dell’annichilimento della nafs (l’anima mortale), vale a dire l’estinzione dell’io profano, unica vera resistenza a Dio. (Ottimamente curato da Ida Zilio-Grandi)
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