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“Essere nato in Calabria costituisce per me un privilegio. Per me Calabria significa categoria morale, prima che espressione geografica. Nei momenti gravi della vita … ho sentito in me qualcosa di molto somigliante a quegli scogli della Pietrosa dove il mare torna all’innocenza primordiale”. Con queste parole dello scrittore Leonida Repaci in “Calabria grande e amara”, Francesco Maria Provenzano racconta un pezzo della sua Calabria e forse di se stesso. La Calabria insieme alle altre regioni del centro-sud Italia e alle nostre isole fa parte del nuovo libro di Provenzano che realizzando quasi un compendio di storia dell’arte e di antica italica bellezza, ha messo insieme le sue tre anime.
L’occhio è quello del giornalista che s’immerge nella cronaca dei luoghi e del tempo passato e presente raccontando tradizioni, folklore, riti, curiosità e aneddoti.
La mente è quella dell’architetto che soffermandosi su chiese, palazzi, monumenti, piazze, strade e angoli nascosti costruisce prospettive per il lettore che si sente visivamente proiettato prima nella Firenze di Dante, Giotto e Brunelleschi, poi nel vicolo Baciadonne di città della Pieve, il più stretto d’Italia. Basta girare poche pagine per assistere alla Regata delle Antiche Repubbliche Marinare o per passeggiare nella Reggia di Caserta, ancora più al centro del mondo dopo che l’intraprendente direttore Mauro Felicori ne ha raddoppiato di recente gli incassi. Ne sorriderà Luigi Vanvitelli, l’architetto neoclassico della Reggia, che l’autore inserisce tra i personaggi più illustri della Campania.
Provenzano, però, è anche un artista, e questa è la sua terza anima. Ama dipingere specialmente nella sua casa di Castelsardo, uno tra i dieci borghi più belli d’Italia e le sue pennellate ricche di sensibilità e colore scorrono tra le pagine di questo libro. Ad esempio, mentre ci racconta della Sardegna, dei suoi odori e sapori, dei suoi pani tipici come il carasau, il pistoccu e lo zichi, si sofferma sul ricordo dell’artista sarda Maria Lai. Era lei a che amava parlare della Sardegna come di una Grande Madre dimostrando come l’arte sarda sia un’espressione visibile dell’antico culto verso la dea madre: la storia nuragica e prenuragica lo testimoniano appieno.
E’ un libro per chi viaggia in quelle città, piccole e grandi, che vengono raccontate con intima devozione e talvolta con un pizzico di compiaciuta sapienza didattica in grado di soddisfare i turisti più curiosi. È un libro, però, anche per chi quei luoghi non li ha mai visti, perché leggendo poco alla volta, pagina dopo pagina, si può sognare e quasi toccare con mano l’aria ferma tra piazze e campanili, scorci di sere preziose e luminose mattine.
È un libro per capire meglio il Sud, perché Provenzano ha l’ambizione di raccontarlo ben oltre le solite noiose categorie concettuali che lo vedono arretrato e affannato in contrapposizione al laborioso Nord. Per farlo si appella al pamphlet di Nando Dicé, “Sud Ribelle”: “Il Sud non è solo un concetto geografico, il Sud non è solo il meridione d’Italia, il sud non sono i Borboni. Il Sud è un’Idea”.
Recensione di Elena Cartotto
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