"È una storia di sparizioni, questa. Sparizioni di persone che non volevano o non si aspettavano di dover sparire, sparizioni di persone responsabili delle sparizioni precedenti, sparizioni di persone che invece scelsero di sparire, per aver salva la vita o, all’opposto, per rifiutarla e sbarazzarsene. Una storia di fughe e di cacce, di simulazioni e dissimulazioni, di inganni e beffe, di benefiche o (molto più spesso) venefiche casualità. Una storia che, pur con le sue eccezioni, conferma l’amara, eterna diagnosi dell’homo homini lupus" Una storia sbagliata, che coinvolge molti ebrei della comunità triestina e ha il suo centro simbolico in una casa di via San Nicolò (la stessa in cui abitò Joyce), dove si trovavano ad un tempo la libreria antiquaria dell’ebreo Umberto Saba e il laboratorio di sartoria dell’ebreo Grini, lontano parente di Saba. Un figlio di questo sarto, durante l’occupazione nazista, collaborerà attivamente a identificare e catturare molti suoi correligionari, poi deportati e uccisi. Attorno alle infami imprese dell’ebreo traditore, ricostruite anche in base alle risultanze processuali, ciò che Curci delinea è però una rete ambigua di legami, di corresponsabilità, di vigliaccherie, di reticenze e silenzi che avviluppa Trieste. Una storia che si vorrebbe dimenticare, e che tuttavia riveste uno straordinario valore esemplare. )
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