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Il filone pavese della vena narrativa di Mino Milani è sempre più ricco e si conferma una gradita e piacevole costante della sua produzione letteraria. Lo scrittore continua a scovare nella sua Pavia suggestive ambientazioni e motivi di ispirazione per i suoi nuovi romanzi proposti, con l’immancabile mix di intrigo e suspence, sempre in forme innovative. L’ultimo in ordine di tempo, Via Pietro Azzario 20, narra in quattro tempi la vicenda tra uno studente universitario ed un’enigmatica donna, cui fa da sfondo una vecchia via del centro storico. In un bar Matteo è attratto dalla bellezza di una cliente il cui sguardo gli provoca “uno stupore profondo, confinante con qualcosa difficile da spiegare”. Il giovane è deciso a non “rinunciare a una donna come quella” e, dopo un primo tentativo andato a vuoto, riesce a combinare una cena con Madeleine. Gli eventi precipitano e Matteo, pur percependo “che le cose avevano perso un andamento diverso da quello immaginato”, si trova invischiato in un guaio. Con un po’ di fortuna il giovane riesce a fuggire da una situazione complicata e che si stava mettendo molto male per lui. Matteo non riesce però a scrollarsi di dosso le pesanti conseguenze psicologiche avute in seguito all’inquietante vicenda. Nel secondo atto, come in un intermezzo, Milani dà conto dell’incontro avuto con Sergio Bontempelli, riguardo al libro che l’amico sta scrivendo e nel quale intende raccogliere “cose orribili, ma realmente accadute, e tutte provate” riguardanti la stregoneria e la magia. Entra poi di nuovo in scena Matteo che, in un incontro con lo stesso Milani, rivive con angoscia la sua terrificante avventura, riuscendo grazie anche alla lettura di alcuni passi del libro di Sergio, a dare un nome e una ragione a tutto ciò che lo opprimeva. Il finale è un liberatorio colpo di scena che cancella definitivamente tutti gli incubi del protagonista.
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