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Immaginate un bimbo, occhioni grandi, il mento appoggiato sulle mani e i gomiti piantati sul tavolo, intento a fissare la nonna che intreccia i fili di lana su due sferruzzanti astine. Colpi secchi e precisi. Il gomitolo che si srotola e quei fili che spuntano da un apparente guazzabuglio trovano il loro posto. E ne esce un maglione colorato, pieno di disegni e forme geometriche, caldo e avvolgente. Chissà perché ma nel leggere Vaniglia ci si sente proprio come quel bambino in estasi davanti allo sferruzzare di Patrizia Belli che trova nelle parole i suoi fili di lana pregiata. Lo stile immediato, l’abbondante uso di punteggiatura ricalcano i movimenti quasi sincopati della costruzione dei punti, uno dopo l’altro, sui ferri da calza. Anche in Vaniglia il disegno si compone piano piano, per diventare come un maglione che ti avvolge e ti fa vibrare il cuore, fondendo i tuoi pensieri con quelli della protagonista. Fili apparentemente incompatibili – quelli autobiografico-sentimentali con quelli del racconto giallo – riescono ad intrecciarsi per costruire il quadro finale che, come per magia, mette a posto tutto quanto, dà un senso rotondo alla narrazione, uno spessore autentico alla protagonista, una dimensione all’autore.
Vaniglia è un bel libro. Protagonista è una giornalista che decide di indagare sulla morte sospetta di un giovane. La scrittura è velocissima. A tratti scottante. Il romanzo tocca temi interessanti: il giornalismo, la purezza della scienza, l'industria farmaceutica, la giustizia...Intense le pagine che raccontano il rapporto della protagonista con il figlio e con la madre oramai affetta da demenza senile. Belle le citazioni. Un libro che mette a nudo l'anima dell'autrice, ma anche del mondo, coi suoi malanni e i suoi sogni. Consigliato.
Recensioni
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