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Un libro estremamente chiaro ed esauriente. Viene affrontata l'evoluzione della marca, da semplice trademark di identificazione dei prodotti di massa a "soggetto narrante" capace di costruire territori valoriali e semiotici e di instaurare per tale via con i soggetti una relazione che va ben oltre lo scambio commerciale. Viene spiegato come costruire un'architettura di marca coerente e come progettare identità e visual identity di marca culturalmente attuali. Viene spiegato come gestire la marca nell'attuale situazione di iperofferta e di iperframmentazione di atteggiamenti, valori e comportamenti di acquisto. Interessanti anche le metafore realizzate tra marca e territorio, persona, specie vivente e narrazione. Nel complesso un libro che secondo me chi è interessato ad approfondire le tematiche connesse al branding moderno non può non leggere.
Recensioni
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Questo ponderoso volume costituisce la più organica trattazione del tema dei grandi marchi commerciali, ovvero degli "addensati di attributi tangibili e intangibili, di performance effettive ed affettive, di qualità e di coerenza", che svolgono un ruolo rilevante nella nostra vita quotidiana. Essi sono esplorati qui a tutto campo, nei loro aspetti storici, culturali e operativi. Diciotto densi capitoli ne ripercorrono l'evoluzione dall'originario marchio di fabbrica, "necessità inderogabile nel periodo storico in cui si passa dallo sfuso o dall'artigianale al confezionato e all'industriale", alle esperienze più recenti, di critica e contestazione dei prodotti più o meno griffati, sintetizzate nella celebre formula del No logo di Naomi Klein. A proposito di queste ultime gli autori rifiutano giustamente ogni semplificazione sulla forza e consistenza dei fenomeni di messa in discussione collettiva (boicottaggio, denuncia ecc.) della logica della marca. Tuttavia l'indifferenziato "consumatore postmoderno (…) pragmatico e non più ideologico", orientato a "una pressante richiesta di eticizzazione della produzione ma anche verso una valorizzazione dell'etica nelle proprie scelte di consumo", al quale Fabris e Minestroni fanno riferimento per spiegare gli sviluppi odierni, suscita qualche perplessità. Perché dà l'impressione di lasciare fuori dal campo visivo variabili etnorazziali, di genere e di classe che paiono invece rilevanti per una compiuta comprensione dei comportamenti individuali e collettivi dei consumatori.
Ferdinando Fasce
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