Da tempo Salvatore Lupo propone opere di sintesi che sono anche feconde proposte di rilettura di oggetti classici della storiografia. Così ha fatto per la mafia, il fascismo, l'età repubblicana, sempre con una particolare attenzione al Sud e alla Sicilia. Così fa ora per l'impresa garibaldina, con un libro il cui titolo può forse trarre in inganno (non di tutto il processo di unificazione si tratta, infatti, bensì solamente del "capitolo" meridionale). Costituisce tuttavia una chiara presa di posizione interpretativa. Dei vari nodi sorti in epoca risorgimentale, il rapporto Nord-Sud è quello che ha proiettato la sua problematicità più in là nel tempo, fino a raggiungere il presente e ad alimentare polemiche e dibattiti. Lupo discute alcuni degli stereotipi più diffusi (la "colonizzazione" del Sud, la questione meridionale come "tara originaria" dello stato unitario, la "peculiarità italiana") e tenta una ricostruzione delle rivolte armate a Palermo (1860 e 1866) che recuperino gli orizzonti culturali e politici dell'epoca. A tal fine chiama anche in causa, come si farà poi per la Resistenza antifascista, il trittico composto da guerra patriottica (i volontari accorsi da tutta Italia), rivoluzione (i democratici e i contadini) e guerra civile (il grande brigantaggio filoborbonico). Ne emerge un quadro mobile e articolato in cui si scontrano mentalità, strategie politiche e interessi economici differenti che solo dopo una dialettica convulsa e un esteso ricorso alla violenza giungono a conciliazione. La nuova storia che nasce nel 1860 non può però, avverte Lupo, essere meccanicamente derivata dall'evento originario: il destino dell'Italia e del Sud non venne deciso una volta per tutte nel 1861, ma più e più volte, mai in maniera ineluttabile, nel corso dei centocinquant'anni anni successivi. Daniele Pipitone
Leggi di più
Leggi di meno