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Quali sono i processi intenzionali che mi autorizzano a distinguere l’esperienza dell’altro dall’esperienza in cui mi si dà una cosa? Quali sono le condizioni necessarie di tale esperienza? Queste domande caratterizzano le analisi husserliane come analisi trascendentali e si offrono come filo conduttore per questo studio dei manoscritti dedicati al problema dell’intersoggettività. Tenendo fermo questo filo e seguendolo attraverso le molte articolazioni dei materiali inediti – dal 1905 fino alla metà degli anni Trenta – il libro tocca i temi centrali della fenomenologia. La varietà di descrizioni del fenomeno intersoggettivo testimoniata dal Nachlass husserliano rivela così, pur nella sua asistematicità, un progetto comune: render conto dell’irriducibilità dell’esperienza, descriverla nelle sue molteplici stratificazioni e rintracciare in essa delle strutture permanenti. Per rispondere al problema del solipsismo si devono ripensare allora le condizioni dell’individuazione dell’io, rintracciandone la genesi nell’autocostituzione dell’io stesso, ma anche nei suoi scambi intersoggettivi. Emerge così una correlazione inesausta e necessaria tra coscienza, mondo e alterità in cui si esprime la peculiare individuazione di ciascun soggetto. Da qui prendono le mosse, a partire dagli anni Venti, le ricerche della fenomenologia genetica che mettono a tema la genesi collettiva della storia, del mondo della vita, della socializzazione degli istinti, oggetto della seconda parte del libro. La questione chiave della fenomenologia, la correlazione vivente e costitutiva tra la coscienza e il mondo, si amplia qui nell’interrogazione dei fenomeni dell’istinto e della socialità originaria e concreta.
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