Potrà sembrare un paradosso, ma l'umorismo è una cosa seria. Fare ridere non è facile, anzi diremo difficile. L'umorismo ha la capacità di sorprenderci, perché ci permette di dire cose che sono difficili da dire e può avere una funzione catartica, sia nelle relazioni comuni che in quelle terapeutiche. L'umorismo, se usato al momento giusto, con la possibilità di essere accolto, può aprire aree di gioco e di divertimento. Freud ne "Il poeta e la fantasia" avvicina il bambino all'artista, che non ha dimenticato il piacere del gioco e lo ripete nell'atto creativo. Se il sogno è per Freud "la via regia dell'inconscio" cosa possiamo dire dell'umorismo che può aggirare meccanismi di difesa, quali il diniego, e arrivare a memorie affettive rimosse? L'umorismo rappresenta un meccanismo maturo, non rinnega aspetti spiacevoli della vita, ma trova strategie costruttive e sblocca situazioni spiacevoli, rendendole accettabili. Papa Francesco ha detto che "l'attitudine umana più vicina alla grazia di Dio è l'umorismo", e dalle Beatitudini ricaviamo un ossimoro "Beati voi che ora piangete perché riderete". Umoristico potrebbe anche sembrare quello di occuparci dell'umorismo teorizzato da Freud, i cui libri sono tra i più letti nel mondo e da Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934, con Alberto Cantoni considerato tra gli scrittori minori della Scapigliatura milanese. Proprio questo connubio appare di per sé umoristico, se un libro di Cantoni, "Un re umorista", non avesse attratto la nostra curiosità e quella di Pirandello, suo grande estimatore. Se l'umorismo rappresenta la rottura di schemi tradizionali, forse interessarsi di Cantoni si colloca sulla stessa linea trasgressiva e irriverente o, se vogliamo dire "scapigliata", come in fondo, a suo modo, lo era lo scrittore mantovano.
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