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L'ultima confessione del Poeta a un suo incarnato riflesso vale da sola l'interezza di un tempo abitato da questa lettura. Pessoa sul letto di morte che mormora ad Antonio Mora (uno appunto dei tanti suoi Altri): "Ho camminato con questi piedi terrestri sulla Croce del Sud, ho attraversato notti infinite come una cometa lucente, gli spazi interstellari dell'immaginazione, la voluttà e la paura, e sono stato uomo, donna, vecchio, bambina, sono stato la folla dei grandi boulevards delle capitali dell'Occidente, sono stato il placido Buddha dell'Oriente del quale invidiamo la calma e la saggezza, sono stato me stesso e gli altri, tutti gli altri che potevo essere, ho conosciuto onori e disonori, entusiasmi e sfinimenti, ho attraversato fiumi e impervie montagne, ho guardato placide greggi e ho ricevuto sul capo il sole e la pioggia, sono stato femmina in calore, sono stato il gatto che gioca per strada, sono stato sole e luna, e tutto perché la vita non basta. Ma ora basta, mio caro António Mora, vivere la mia vita è stato vivere mille vite, sono stanco, la mia candela si è consumata, la prego, mi dia i miei occhiali". Triste come un fazzoletto che riceve l'ultima saliva di un genio della poesia, commosso come una democrazia di destini che va ad onorare il proprio creatore, ringraziandolo, discutendo con Lui dell'impossibilità della vita. Un racconto che imprigiona con lacci di emozione durevole gli sforzi e la misura di un essere attorno ai suoi "tanti" se stessi: proiezioni, maschere, allunghi del suo io multiforme, filosofie di vita mescolate in credi e pensieri ogni volta nuovi, nulli e fecondi insieme, perché "la vita sarebbe insopportabile se ne prendessimo coscienza". Il poeta mente sempre, è questa la sua sincerità. Ma mente solo nel dare canto alle parole, forma, musica, non mente nell'esito, che è sempre meraviglia senza tempo. E' questa la vorticosa grandezza che emana dal suo verbo, un giglio aperto sopra una nera radice di dolore, di ricerca, di amore.
tabucchi non finisce di sorprendere...far incontrare pessoa con i suoi eteronimi prima di morire...libro struggente e delicato..la Basilica di estrela, Bairro Alto, Cascais, Sintra, c'è tutto il fascino di Lisbona e di Fernando in sole sessanta pagine. libro da custodire gelosamente!
Mi stupisce non trovare nessun commento a questo breve ma affascinante racconto.<br>Si legge in meno di due ore, e nonostante questo sa ricreare un'atmosfera onirica, a metà tra il sogno e la realtà, facendoci vivere le"visioni" che appaiono a Pessoa in punto di morte.<br>Ma non c'è nulla di macabro, nulla di terrorizzante, bensì un clima irreale, in cui Tabucchi immagina si trovasse il grande scrittore in quegli estremi momenti.Da leggere.
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