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Chi ha amato lo scrittore Luigi Compagnone, scomparso ottantaduenne nel 1998, non può lasciarsi sfuggire Gli ultimi paladini e altri racconti, a cura di Raffaele Messina. Questo perché è la prima volta che i materiali narrativi che vanno dal 1947 al 1953, antecedenti l'uscita del suo primo successo (La vacanza delle donne, 1954), vengono raccolti in volume. Sottratti al pericolo della dispersione grazie alle indicazioni che il curatore ha rappreso dalla signora Rachele La Rotonda, moglie di Luigi Compagnone, e anche ai buoni uffici per una semplificata consultazione, di cui ha usufruito per sensibilità istituzionale dalla responsabile dell'emeroteca della Bibioteca nazionale, Amelia Juliano, e di quella del direttore dell'emeroteca Tucci, Salvatore Maffei. Se è vero che la "narrativa rispetto alla lirica è in più rapida maturazione e destinata a dare frutti più rilevanti nel corso del tempo", nel ripercorrere le genesi dell'attività narrativa di Compagnone partendo dai primi racconti che pubblicò su riviste e giornali (soprattutto su "Lavoro illustrato", preso a modello della ricognizione per la sistematicità della collaborazioni e anche per gli illustri collaboratori: Marotta, Ortese, Bartolini, Betti, Comisso) ben si possono intuire non solo le adesioni a quella letteratura neorealista che Compagnone aveva sposato in quegli anni, ma anche le sue scelte stilistiche, celate, ma visibili agli occhi allenati di Messina.
Solo il primo racconto della raccolta, Mangàni Cicluni Amendolea, fu ospitato dal "Risorgimento"di Corrado Alvaro: narrando di emigrazione intellettuale calabrese, tema caro all'autore di Gente in Aspromonte. Infatti, questo racconto che a una lettura superficiale sembra ricalcare uno dei temi pirandelliani della rabbia scaturita dal topos della perdita del possesso fondiario, si rivela uno scrigno di bellezza con un finale che non vogliamo anticipare, ma che "non si scorda". Bello anche nella sua solo apparente, ortodossa corrispondenza gramsciana Conducenti di muli, che ci riporta a una sapienza antica, precognitiva. Fortuna al figlio che è nato è invece il ritratto "della paura che genera figli" di un padre di quel proletariato urbano che scommette su una figliolanza con poche lire in tasca in quell'esclamazione "Se bisognava altro?" che è già una promessa di futuro. Ma quello che scalda di più i cuori è proprio il racconto che dà il titolo alla raccolta: Gli ultimi paladini. La famiglia di Michele Fracassa in un inverno che arriva improvvisamente una sera ha il problema dell'alloggio. Questa precarietà costringe il capofamiglia e sua moglie, eternamente scarmigliata, a un frequente andirivieni "Ogni giorno è uno sfratto" che porta poi alla tragedia della perdita della famiglia sotto una frana che porta il padre senza figli e senza speranza a un lamento antico gridato a una madonna laica. C'è forse in questo racconto traccia del quartiere dove nacque Compagnone nel 1915 (vi nacquero anche Mastriani e Totò): quello della Stella, che forse più di tutti i quartieri napoletani racchiude il senso di una città intera, "che chi non ne sente il terribile fascino non sarà mai in grado di capire nulla".
Vincenzo Aiello
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