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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
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Sentimenti contrastanti suscita questa antologia di 10 personaggi storici ("buoni a nulla", "mistici", "consapevoli") considerati in un modo o nell'altro gli ultimi e sconfitti rappresentanti di mondi che furono. Perché se l'idea e le intenzioni sono affascinanti e in partenza sensate, mettendo insieme epoche, fatti e uomini (alcuni sconosciuti o dimenticati: qui sta il merito) che nessun libro di storia può legare, la scelta del linguaggio è viceversa assolutamente respingente. Con una prosa aulica e irritantemente elitaria, fra una "algolagnia" e un "epicedio", scegliendo una sintassi pseudo-poetica e saccente, l'autore non riesce né come storico (infatti non lo è), attento più agli umori e ai colori di ciò che narra che agli eventi in sé, né come giornalista (che invece dovrebbe essere), privandoci di una scrittura secca, comprensibile, logica. Quirico si erge a Giudice, fortunato e impudico nel decidere ex post chi ha vinto, chi no, chi ha ragione, chi torto. Non studia solo il concatenarsi dei fatti: affibbia patenti di moralità, adotta in contumacia lo stile inquisitorio di chi, impunemente riparato dal Tempo, può sentenziare chi sbaglia, chi perde, chi è un fallito; e non concede ad alcuno, ovvio, il diritto di difesa. Ciò, con toni diversi, per ogni storia raccontata, anche per chi è stato frettolosamente buttato dentro il calderone (Benedetto XVI), o per chi non si capisce perché sia considerato "ultimo" (Atatürk è un vinto?). Fra tutti, basta citare come viene altezzosamente e sprezzantemente svillaneggiato Gorbaciov, quel "parassita zecca di quell'immenso sfasciume di cui non sapeva far altro che etichettare definire sunteggiare catastare schedare in bei discorsi la catastrofe": è un "molle vaniloquente tortuoso leggermente vigliacco", stucchevole epitaffio che ben potrebbe adattarsi, a pensarci, al Giudice Quirico stesso, in queste righe (per analogia) giudicato. Giudizio lungo e faticoso, per chi scrive e per chi legge; figurarsi un libro intero.
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