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Anno edizione: 2017
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Questo libro è proprio un gran cattivo ragazzo! Seduce e disgusta contemporaneamente. Violenza, prevaricazione, arroganza. Ma è proprio questo che affascina. I protagonisti sono prostitute, drogati, pervertiti, travestiti, truffatori, alcolizzati, ladri, perdigiorno ,spacciatori, uomini e donne senza scrupoli, senza religione, senza morale, senza niente al mondo se non il loro piccolo ed egoistico basso angolino di istinti e perversioni. La cosiddetta 'feccia' che non si vuole conoscere e vedere, da cui ci si tiene alla larga, che ripugna e disgusta. Il linguaggio e lo slang sono quelli tipici: le parolacce sono forse le parole più eleganti ed educate. La costruzione del libro è fantastica: i vari racconti sono piccoli sipari che s'intrecciano tra loro e i protagonisti di un racconto (una volta conosciuti nell'intimo della loro bassezza) li ritrovi sullo sfondo in un altro racconto, tutti con un unico comune denominatore che è il bar del Greco. Il lettore arriva a sentirsi una presenza astratta all'interno del bar, che si aggira tra i tavolini e le camere insieme ai personaggi. Un libro forte, per personalità forti. Un libro che educa perché diseduca. DA NON PRENDERE AD ESEMPIO!!!
Sintatticamente molto poco intellegibile e, immagino, complicato anche da tradurre fedelmente, vista l'adozione di uno slang di strada che non può essere reso in altre lingue. Il romanzo tratta del mondo degli ultimi e degli abbandonati: prostitute, drogati, disperati ai margini della società e che vivono sul confine tra legale e illegale (attraversandolo continuamente).
A parte lo shock iniziale dovuto all'eversione linguistica (punteggiatura a volte assente, sintassi stravolta, parole tradotte in quasi neologismi dallo slang di Brooklyn) che ne rappresentano comunque allo stesso tempo il fascino letterario, e la leggera fatica nel prendere il ritmo, devo dire che l'ho trovato molto interessante e intendo interessante alla "Bukowski", con simili prospettive riguardo ai disadattati, ai reietti, ma dove lì c'era ironia qui invece a grondare sono il cinismo, lo squallore, la violenza, lo stato di abbandono; a volte un disgusto che diventa fisico, necessario, che non riesce a trovare mai una compensazione, ma si sente ulteriormente gravato da se stesso, fino a creare un intrico insolubile di "self-loathing", di modelli educativi insostenibili. Ho letto che all'epoca sollevò un mare di scandali e di processi, non ne sono sorpreso dopo averlo letto, e il ruolo degli scrittori dovrebbe essere precisamente questo, farci conoscere quella parte del mondo (e quindi di noi stessi) che spazziamo sotto allo zerbino.
Recensioni
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