Nella collana "Indies", nata dalla collaborazione tra la Feltrinelli e una serie di piccolecase indipendenti (Nottetempo, Voland, Transeuropa e Nutrimenti), con l'obbiettivo di mettere a disposizione del lavoro di scavo e di ricerca dei piccoli editori la potente struttura organizzativa e distributiva della Feltrinelli, esce il secondo romanzo di Giovanni Greco (già vincitore del Premio Calvino nel 2011 e poi finalista allo Strega e al Viareggio con il precedente Malacrianza). Diciamo subito che L'ultima madre è un romanzo forte, trascinante, che mette in moto emozioni profonde, che tocca temi arcaici (la maternità, il desiderio di maternità, l'appartenenza di sangue, il maschile e il femminile) ma evidentemente sempre vivi, inscenandoli in un preciso cronotopo, quello dell'Argentina della dittatura militare dei vari Videla, Massera, Galtieri, Viola (squallidi esecutori del famigerato processo di riorganizzazione militare, dai cognomi italianamente assonanti), e declinandoli poi fino a tempi recenti. I fatti storici sono noti. Negli anni settanta dal limo profondo della società argentina, come di altre società sudamericane del cono Sud (non senza una corresponsabilità della presidenza americana) emersero forze oscure che avevano trovato ispirazione e alimento nell'humus dei rifugiati nazisti. Si trattava di porre fine ai sommovimenti sociali e politici che rischiavano di mettere in questione lo status quo e gli interessi costituiti. Come si sa, non si usarono le mezze misure: torture brutali (ce le ha mostrate il film Garage Olimpo), inventive esecuzioni capitali (i "voli della morte"), sottrazione di figli, espulsioni nei casi più fortunati: e tutto nel più assoluto silenzio, senza che si sollevassero voci, e purtroppo anche con la benedizione delle alte sfere cattoliche. Solo le madri e le nonne degli scomparsi/scomparse (las madres y las abuelas de plaza de Mayo) trovarono il coraggio di chiedere, di fare domande, di manifestare in piazza il loro dolore, schiacciante testimonianza contro il terrorismo di stato. La guerra delle Falkland Malvine (1982), frutto di una miserrima h²bris ebbe se non altro il merito di far crollare il regime militare. Naturalmente le connivenze sono perdurate a lungo, anche dopo la caduta della giunta, prima che si sia potuta fare luce legale (almeno in parte) sulle responsabilità. Di tutto questo ci parla Greco (buon conoscitore dell'Argentina), ma in maniera indiretta, e per questo tanto più persuasiva, attraverso le vicende fattuali ed emotive dei personaggi che abitano e animano il suo romanzo. Greco parte (argomento su cui ha anche realizzato uno spettacolo teatrale) dal frustrato, e lancinante, desiderio di maternità di Mercedes (prole unica di un alto ufficiale e moglie di un torbido militare specializzato in interrogatori, el Cura), e dal conseguente trafugamento di due gemelli a un'oppositrice (compagna di un figlio di María) che viene immediatamente trucidata dopo il parto. Il romanzo è perfettamente strutturato (e calibrato) in un continuo andare e venire tra i diversi personaggi e le diverse epoche (il compasso degli anni abbraccia il periodo 1968-2011). Entriamo in diversi ambienti sociali, da quello dell'aristocrazia militare a quello delle villas miserias, a quello del popolo delle umili attività con la sua quotidianità e le sue storie di sopravvivenza (quello descritto con maggior partecipazione e commozione). In un rapido caleidoscopio rivediamo la storia dell'Argentina, quella dell'immigrazione, dal tango alla milonga al lunfardo, senza mai indulgere allo stereotipo. La forza di Greco sta nella creazione di personaggi indimenticabili, come la madre y abuela María che con determinazione semplice e ostinata arriverà alla verità (la protagonista, l'eroe positivo, che può ricordare per qualche verso la celebre madre di Gor'kij): "María è di quelle che i capelli si tagliano con la luna nuova perché crescono più forti. Di quelle che parlano da sole con i morti e ne ascoltano le risposte. Di quelle che se proprio devi buttare il pane vecchio, prima ci appoggi le labbra sopra e poi lo butti a occhi chiusi. Di quelle che si fanno il segno della croce e si baciano il pollice dicendo amen, quando vedono l'immagine di un santo o della Madonna all'angolo di una strada". Ma soprattutto la forza dell'autore sta nella trasfigurazione visionaria della realtà, sempre profondamente radicata nei corpi (il ventre-metafora di María come quello di Mercedes tornano ossessivamente), con suggestivi effetti di spaesamento, un tratto già presente nel primo romanzo, ma qui sviluppato con minor asperità. Tale trasfigurazione assume spesso carature e toni grotteschi, e di ciò Greco è maestro, in particolare nel pennellare l'interno di famiglia del generale Ignacio Pedro Mendoza, con la moglie María Josefa, la figlia Mercedes e il genero Julio (el Cura): il generale ricorda i personaggi sempiterni di García Márquez che dominano il tempo (e i loro misfatti) da cui non si fanno scalfire; attorno a lui, che resta inossidabile, la famiglia si sfalda non reggendo al peso della colpa rimossa, celata al mondo e a se stessi. Il castigo non arriva dall'esterno, ma dall'interno: in una sorta di tragica nemesi le erinni dell'inconscio deformano i tratti fisici e psichici della gang famigliare, nemesi che colpisce in modo diverso anche gli incolpevoli (per quanto conniventi col loro nuovo mondo e a lungo restii ad ascoltare il mormorio del sangue) gemelli. E così María, che ormai sa, non rivedrà neppure gli evanescenti, almeno per lei, nipoti ed entrerà a sua volta nel mondo delle ombre come per raggiungere nell'unico modo possibile i suoi cari perduti: "Ed è la fine, l'ultimo istante, l'ultimo rintocco, l'ultima porta che si apre al sorriso dell'ultima m", così finisce il romanzo, con questa "m" sospensiva e allusiva. Mario Marchetti
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