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scheda di Cavaglion, A., L'Indice 1992, n. 1
Sola, costretta da una malattia a diventare una "zingara immota", Elody Oblath Stuparich rivive in queste lettere ad una più giovane amica goriziana la grande stagione della sua giovinezza: l'amicizia, gli amori con Slataper, con Stuparich, il ricordo indelebile di Anna Pulitzer morta suicida nel 1910: "E passammo l'intera giornata in un canneto simile al tuo, quattro teste more, tra le canne. Alla sera, un tuffo nel mare fosforescente nei colori del tramonto". Tra ricordi commoventi, citazioni a memoria della canzone di Solveig, gite sul monte Cengio dove morì Carlo Stuparich, busti di Slataper fatti scolpire per l'università di Trieste il dialogo fra le due amiche si snoda lungo il decennio che prelude alla morte di Elody (1971); ma nessuno sembra accorgersene: una nuova generazione era alle porte, forse ancora più ribelle di quella di Pennadoro-Slataper, ma Elody e Carmen vivono del tutto immerse nel tentativo di far rivivere quei fantasmi ritrovati (anche per via medianica). Significativo è che l'unico cenno alla contemporaneità sia dedicato al caso delle gemelline siamesi Santina e Giuseppina divise nel 1965 da un delicato intervento chirurgico. E tu Scipio dove sei? E tu Gigetta? E Carlo?, si chiede Elody con lo stesso candore della sorellina siamese appena risvegliatasi: "Giusy dove sei?". Con mano sicura la curatrice di questo libro ci guida nei meandri familiari della cultura triestina con desinenza in -a.
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