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Avevo letto, dello stesso autore, "Ritorno dall'India", un libro che mi aveva stregato, e ne ho voluto prendere in mano il libro di racconti. Premetto che è sempre difficile commentare una raccolta di racconti perché tra di essi esiste sempre una disparità. Proverò quindi a commentare brevemente quelli che più mi hanno colpito: "Un giorno lungo e afoso, la sua disperazione, sua moglie e sua figlia" per il disfacimento provocato dalla malattia, vera o presunta; "Il rapido serale di Yatir" per la sua solitudine senza luogo né tempo; "Di fronte ai boschi" ancora per la solitudine; "Le nozze di Galia" per la descrizione del kibbutz immaginario; "Tre giorni e un bambino" per la storia d'amore tra un adulto ed un bambino; "Base missilistica 651" per i rapporti tra vita civile e vita militare; "Sonno diurno" per l'esaltazione del lavoro manuale; "L'ultimo comandante" sulla insensatezza della vita militare; "All'inizio dell'estate del 1970" sull' amore paterno messo a dura prova da una falsa notizia; ed infine "Alta marea" e "Di fronte ai boschi" che mi hanno ricordato - chissà perché - il capolavoro di Buzzati. Denominatore comune tra i diversi racconti quell' atmosfera sospesa tra fantasia e realtà che fa di Yehoshua uno dei grandi scrittori contemporanei.
I racconti di Abraham B. Yehoshua hanno un grande pregio. Fanno venire sonno. Badate bene! Non lo sto prendendo in giro! È così! È un effetto soporifero a dominare. Personaggi e racconti sono avvolti in un denso clima continuo di sonnolenza, dormiveglia, fase rem. Ne sono così impregnati che traspirano dalle pagine, creando sbadigli continui al lettore. Confermano la tesi del contagio dello sbadiglio. Lo sbadiglio di un'apparente stanchezza improvvisa e immotivata. Ma non ti addormenti! Non riesci a chiudere occhio. Ed è questo che tormenta. Di questo scrittore. Non è chiaro se stai nel reale o nell'irreale. E in tal caso, in un sogno...o in un incubo.
malinconico, ma introspettivo al massimo. bello
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