Perché il pensiero di Gramsci è così poco studiato in Italia, e perché la sinistra ha smesso di annoverare Gramsci tra i suoi autori di riferimento? Perché al fondatore dell'«Unità» l'intellighenzia di sinistra ha preferito i postmodernisti della French Theory (Foucault, Guattari, Deleuze, Lacan) oppure i francofortesi (Adorno, Horkheimer, Marcuse) lasciando così l'eredità gramsciana in sospeso? Questo saggio vuole riabilitare il concetto di egemonia culturale elaborato dal pensatore sardo. Dalla formazione e il ruolo degli intellettuali organici fino all'occupazione di tutti gli spazi di comunicazione di massa, Gramsci ci spiega come mettere in atto, capillarmente, una vera e propria rivoluzione. In queste pagine, grazie alla ricerca dell'autore, riscopriamo non solo il realismo machiavellico, la reinterpretazione del marxismo-leninismo e le analisi elitiste di Gramsci, ma anche l'attualità di un concetto che è rimasto vivo sotto mentite spoglie. Pensiamo infatti alle strategie di guerriglia marketing o ai processi di lobbing portati avanti dalle grandi multinazionali, alle "rivoluzioni colorate" foraggiate dalle ong, al soft power delle grandi potenze mondiali. Chi sono i nuovi fruitori degli strumenti sovversivi elaborati da Gramsci, una volta che la politica ha rinunciato alle mire rivoluzionarie?)
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