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Anno edizione: 2015
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davvero molto buono
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Nella forma di una lunga lettera costellata di divagazioni e di rinvii all'atto stesso della scrittura, Arthur Beerholm rivolge a un'anonima lettrice il racconto frastagliato della propria esistenza e della crescente passione per l'arte dell'illusionismo che, praticata fin dagli anni del collegio, lo avrebbe portato, neanche trentenne, a calcare la scena internazionale davanti a platee sempre più adoranti. La continua indecisione del testo tra i termini "mago", "illusionista", "prestigiatore", e il velo di ambiguità che esso stende retrospettivamente su episodi apparentemente disvelatori, ne fanno un esemplare riuscito del fantastico più tradizionale, in bilico tra una comprensione razionale e una soprannaturale dei fenomeni narrati. Una riflessione lasciata in sospeso sui confini della ratio e sui suoi diversi volti intesse di sé l'intera vicenda, spalancando varchi sul regno dell'illogico e dischiudendo interrogativi sui limiti fra trucco e magia, suggestione e incantamento, manipolazione e prodigio. Sullo stesso meccanismo narrativo abusato ma ancora capace di perturbare il lettore e di creare distanze produttive è stesa l'ombra dell'inganno e della mistificazione; mentre l'evanescente destinataria della lettera, che nella sua natura anfibia di donna reale e fantasticata rimane senza dubbio la figura meno convincente del romanzo, appare e scompare dal resoconto del protagonista con la levità di uno spettro. Malgrado lo stile non sempre fluente, affaticato qui e là da indugi descrittivi e commenti fin troppo esaustivi, il romanzo incatena l'attenzione del lettore e non fatica a rapirne l'immaginazione, conducendolo per mano in un viaggio insolito, illuminato prima da un'ironica malinconia, poi da una crescente tristezza, ancora capace, a tratti, di fabbricarsi provvisorie consolazioni.
Giuliana Zeppegno
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