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Una raccolta di poesie profondamente sofferte, vissute, in cui ogni parola si carica della forza di un'evocazione: i versi irregolari e franti si accompagnano a termini più alti e tradizionali, come se la loro elaborazione seguisse il ritmo di un vivere spontaneo rielaborato attraverso un dialogo compiuto dall'autrice con se stessa o con gli affetti a lei più cari. Per quanto i temi più presenti in questi versi siano profondamente personali e, verrebbe da dire, intimi, Viola Di Muzio riesce a trattarli allo stesso tempo con delicatezza e intensità, invitandoci a seguire silenziosamente i suoi ricordi, i profumi della campagna abruzzese, i sogni infranti e ormai lontani di una bambina che ancora rimane sospesa tra la dolce speranza dell'infanzia e la malinconica disillusione dell'età adulta. Le situazioni presentate hanno spesso il sapore conosciuto del quotidiano, sono anche nostre e, tuttavia, possiedono la sfumatura della lontananza, come se appartenessero a un sogno o fossero per sempre perdute. In questo percorso di crescita, in cui la continuità biografica fa da contraltare all'alternarsi delle emozioni, tutto si fa suono, diventa leggero e vago, come se il dialogo interiore assumesse i risvolti metafisici di una comunione primitiva con la natura, di un incontro continuo e comunicativo con chi non c'è più, sia che si tratti della madre morta o di un amore lontano: l'interiorizzazione delle emozioni è così forte da renderle palpabili nella loro indefinitezza, come preziose compagne di viaggio in un'esistenza dolorosa ma illuminata dall'interno da un "trionfo di luce" che non sembra di questo mondo.
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