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Anno edizione: 2017
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Il Tribunale speciale del fascismo, fortemente voluto, oltre che dal duce, anche dall’Ovra, l’organizzazione volontaria per la repressione dell’antifascismo, entrò in funzione il primo di febbraio del 1927 e continuò a operare fino al 25 luglio del 1943. Superati, non senza patemi d’animo, gli effetti nefasti del delitto Matteotti, il regime vide la necessità di stroncare qualsiasi velleità di oppositori ormai clandestini per ottenere, se non il pieno consenso del popolo italiano, almeno la possibilità di dominare senza il benché minimo ostacolo e la nuova istituzione giuridica, alla cui guida erano chiamati fascisti di comprovata fede, andava bene allo scopo, contribuendo ad alimentare un’atmosfera di sospetti e di terrore tipica di tutti i totalitarismi ed indispensabile per potersi reggere. Nel solo primo decennio giudicò ben 10.693 imputati, assolvendone tuttavia 7.581 e irrogando pene, compresa quella di morte, per la differenza (76 furono le condanne a morte, di cui 58 eseguite). Non si creda tuttavia che questo tribunale avesse piena autonomia decisionale, perché in effetti in non pochi casi concertò con il duce condanne e relative pene. Restavano tuttavia in mano al collegio giudicante ampi poteri, quasi sempre sfruttati a vantaggio personale, il che accentua il senso di disgusto che prende il lettore nel leggere questo interessantissimo saggio di Mimmo Franzinelli. La circostanza che tuttavia più sgomenta è che, a liberazione avvenuta, con il decreto di amnistia di Palmiro Togliatti i componenti del Tribunale speciale non solo non ebbero a patire conseguenze penali, ma furono reintegrati nella magistratura ordinaria, mentre i loro condannati continuarono a essere trattati come sovversivi. Si spiega così l’immaturità di un popolo incapace di fare i conti con il proprio passato e così pronto a ricadere nei medesimi errori. Il saggio di Franzinelli è ben strutturato e aiuta non poco a comprendere come era questo tribunale e come ebbe a funzionare.
Un libro veramente interessante, scritto con la solita prosa mai noiosa del Franzinelli.
Il TsdS, Tribunale speciale per la difesa dello Stato, fu creato subito dopo l'emanazione delle leggi fascistissime. Condannò a pene che vanno dalla fucilazione a pochi mesi di carcere o confino un numero innumerevole di uomini e donne che in qualche maniera si opponevano al fascismo. A volte bastava un mancato saluto romano, un borbottio, una lamentela per finire fra i giudicati. I giudicanti furono "fascisti tutto d'un pezzo", uomini che fecero anche grandi fortune economiche, ma che fuggirono tutti come conigli all'arrivo delle truppe alleate a Roma. E quello che più rattrista, anche se già conosciuto, è il destino di questi uomini dopo la liberazione. Ad eccezione di pochissimi casi, tutti ricominciarono la loro attività, chi addirittura con promozioni e con pagamento degli arretrati. Mentre, ironia della sorte, molti dei giudicati da quel Tribunale furono oppressi anche dalla giustizia repubblicana.
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